sabato 5 marzo 2011

Qui si fa l'Italia o si muore

Giacomo Matteotti

Il 16 agosto del 1924 il cadavere di Giacomo Matteotti fu ritrovato nella Macchia della Quartarella, un bosco a 25 Km da Roma.
Il deputato socialista aveva denunciato in parlamento i brogli e le violenze ai seggi che avevano condotto al successo elettorale del partito Fascista nelle votazioni del 6 aprile dello stesso anno.
Dopo quel discorso, Matteotti aveva detto ai suoi compagni di partito: "Io il mio discorso l'ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me".
Così fu.

Dopo l'omicidio Matteotti si scatenò una violenta polemica senza esclusione di colpi tra l'opposizione e la maggioranza fascista sulle responsabilità dell'attentato, e la stampa socialista accusò Mussolini di essere il mandante dell'assassinio. Coloro che additavano il regime come responsabile dell'omicidio furono chiamati "speculatori della Quartarella", con una tecnica tristemente attuale che avrebbe indotto Luigi Einaudi, vent'anni dopo, a scrivere:    

"Consueto stravolgimento del senso proprio delle parole, per cui l'infamia non cade sul ladro bensì su quegli che denuncia il ladrocinio. Invece di essere grato alle osservazioni altrui, le quali gli permettono di perfezionare opinioni e propositi, l'uomo criticato grida alla speculazione di chi lo attacca".

Luigi Einaudi

Le polemiche cessarono il 3 gennaio 1925, quando Benito Mussolini affermò in parlamento:

"Ebbene, dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto."

Il resto è storia ma, a quanto pare, la storia non insegna. C'è una parola, nello scritto di Einaudi, che m'inquieta molto: "consueto". Non era la prima volta e non sarebbe stata l'ultima, e oggi ne abbiamo tragiche e continue conferme. Anzi oggi il sistema è molto più evoluto: non è necessario uccidere un Matteotti, ma semplicemente inventarsi qualche frequentazione omosessuale o altre amenità del genere, passando per il colore dei calzini del Matteotti di turno, attraverso la stampa serva del piccolo uomo.  

"Consueto" fino a quando? Quo usque tandem? Non ne posso più di storie italiane; la tentazione di non volerne sapere più nulla è fortissima.
La dimensione della delusione e della vergogna è tale che è più facile cancellare l'Italia dai propri pensieri, soprattutto vivendo all'estero.

"Non è il paese che sognavo" ha detto Carlo Azeglio Ciampi.
Cara opposizione, è finito il tempo di sognarla, un'altra Italia. Svegli, uniti, attivi e subito, perché qui si fa l'Italia o si muore. Copyright Giuseppe Garibaldi 1860.

sabato 19 febbraio 2011

Altro che Ferrari. Andare a 2.160.000 Km/h!

Seduti in poltrona, televisore spento, penombra, una bella musica conciliante, è il momento dei pensieri gratuiti, quelli che non servono a nulla e perciò sono fondamentali. Uno di questi, vi invito a farvelo venire, è "ma dove sta andando la mia poltrona?"

Dove, e a quale velocità? A causa della rotazione della Terra intorno al suo asse, la poltrona sta viaggiando a circa 1.200 Km/h (alla latitudine di Milano) ma il moto è molto più complicato: l'asse terrestre è inclinato di circa 23.3 gradi rispetto al piano dell'orbita intorno al Sole, la forma della Terra non è perfettamente sferica, e la Terra è sottoposta a forze di marea dovute alle masse del Sole e della Luna, tali che la mia poltrona non solo cammina lungo il parallelo terrestre in cui si trova ma va anche lentamente in tondo con piccole scossette laterali. Si chiamano movimenti di precessione e nutazione, molto simili a quelli di una trottola che vediamo compiere dei cerchi durante la rotazione:

La nutazione è dovuta al fatto che le attrazioni gravitazionali del Sole e della Luna non si esercitano in maniera invariabile e costante, ma sono variabili in funzione della posizione relativa di Terra, Luna e Sole. Inoltre, l'attrazione del Sole non è ugualmente distribuita su tutta la Terra, ma è maggiore sul lato rivolto al Sole e minore su quello opposto, pur nella dinamiicità della rotazione terrestre con poltrona al seguito. Le forze risultanti sono quindi estremamente complesse e danno luogo a una specie di scuotimento come nello shaker per fare i cocktails.

Vi sentite un po' sbattuti? Calma, non è finita qui, anzi siamo solo all'inizio. La poltrona, nel percorrere la sua orbita ellittica intorno al sole, viaggia ad una velocità media di 107.000 Km/h senza farsi beccare da nessun radar o autovelox che dir si voglia.
Ma l'intero sistema solare, contenente la poltrona, ruota su se stesso intorno al suo centro di massa (baricentro). Questo non corrisponde al centro del Sole ma si situa in un punto variabile nel tempo tra le due grandi masse del sistema: il Sole e Giove. Mediamente, il movimento di rotazione del sistema su se stesso (un giro completo ogni 12 anni) si compie ad una velocità misurata sulla Terra di 43 Km/h.
Ahhh, chissà che m'immaginavo.

Volete schiacciare un po' di più sull'acceleratore della poltrona? Ho pane per i vostri denti. L'intero sistema solare ruota intorno al centro della galassia, da cui dista circa 30.000 anni/luce. Volete questa distanza in chilometri? Sono 283.824.000.000.000.000.
Il giro completo del sistema intorno al centro galattico dura 225 milioni di anni, come dire che dalla nascita del sole quest'orbita è stata compiuta non più di una ventina di volte. Velocità della poltrona? Beh, forse è il caso di allacciare le cinture: 720.000 Km/h.

Disegno ipotetico della nostra galassia
(clicca per ingrandire)

E la nostra galassia dove va? Si muove, assecondando il moto espansivo dell'universo e l'attrazione gravitazionale tra queste mostruose masse che sono le galassie, in direzione della costellazione del Leone. Alla nostra poltrona-proiettile si aggiunge un'altra traiettoria percorsa alla modica velocità di duemilionicentosessantamila Km/h.

Riassumendo, la poltrona:
- ruota intorno all'asse terrestre a 1200 Km/h
- fa un giro di precessione ogni 25.800 anni
- oscilla lateralmente per la nutazione con periodi di 18 anni
- gira intorno al Sole a 107.000 Km/h
- ruota sul baricentro del sistema solare a 43 Km/h
- gira intorno al centro galattico a 720.000 Km/h
- si sposta verso la costellazione del Leone a 2.160.000 Km/h
E perché dovrei emozionarmi andando in Ferrari a 300 all'ora? E' come essere fermi.

Un po' d'inquietudine: la poltrona, la Terra, il Sole e la nostra galassia vanno come schegge senza guardare dove. E non ci sono né sterzo né freni. Eppure, in diversi miliardi di anni non siamo mai andati a sbattere. In effetti i corpi celesti nell'Universo sono una rarità e le distanze tra di loro sono talmente inimmaginabili che se noi avessimo una magica astronave superveloce e attraversassimo l'intera galassia con gli occhi bendati, le probabilità di urtare contro qualcosa resterebbero vicinissime a zero. Guardando la foto di una galassia abbiamo l'impressione di alta densità di materia, ma se potessimo avvicinarci abbastanza da entrarci dentro, ci ritroveremmo al buio, con tante stelle alla vista, esattamente come in una nostra notte stellata: 


Van Gogh, l'astronomia e la fisica parlano la stessa lingua, quella  del bello e delle meraviglie. Da pensarci in poltrona. E se qualcuno, guardandovi perplesso, vi dovesse dire che avete lo sguardo perso nel vuoto, rispondetegli "è vero, vieni anche tu".     

sabato 12 febbraio 2011

Damnatio memoriae


La damnatio memoriae, il decreto con cui si cancellava ogni ricordo di un nemico di Roma, chiuse con infamia una carriera iniziata ignobilmente e finita peggio. E' la carriera di Commodo, figlio di Marco Aurelio e imperatore a Roma dal 180 al 192. La sua storia è importante e ispiratrice: provate a seguirmi e mi darete ragione.

Tanto per dargli un volto, lo immaginiamo con quello del bravissimo Joaquin Phoenix nell'hollywoodiano Il gladiatore; tutti l'abbiamo odiato come uno dei cattivi meglio riusciti della storia del cinema.
Il parallelo con Hollywood finisce qui, perché la vera storia di Commodo è anche peggiore di quella, pur infame ma finta, dell'assassino di Massimo Decimo Meridio.
A sua unica discolpa, preciso subito che Commodo molto probabilmente non assassinò Marco Aurelio: di tre testi storici consultati, vince l'innocenza per 2 a 1. Ma qui finiscono le innocenze di Commodo.

Dunque, nel 180 Marco Aurelio muore a Vindobona (Vienna, per i comuni mortali) dove stava combattendo da una decina d'anni un'interminabile guerra contro i Germani che minacciavano il limes danubiano.
E la stava vincendo quando Commodo, nuovo imperatore, preferì tornarsene a Roma tra la costernazione dei suoi stati maggiori, concludendo con i Germani un trattato di pace del tutto sfavorevole a Roma. Un grande inizio d'impero.

A Roma Commodo licenziò (o fece uccidere, ma è una sottigliezza) molti dei senatori che Marco Aurelio avvedutamente gli aveva preparato per un governo illuminato e li sostituì con una  truppa di "yes men" pronti ad appoggiarlo in cambio della partecipazione ai suoi fasti. Vi riporto cosa scrive di quel senato e della corte di Commodo Jean-Baptiste Crevier nella sua Storia degli imperatori romani del 1751*:

"Ogni uomo saggio, e chiunque era mediocremente versato nelle lettere, doveva aspettarsi d'essere cacciato dalla corte come un pericoloso nemico. I commedianti, gli osceni pantomimi governavano e signoreggiavano il principe, a nient'altro intento che a guidar carri, e a combattere contro le fiere; e gli adulatori gli esaltavano questi indegni esercizi come grandi e gloriose imprese. Quindi crudeltà da una parte, infamie, stravaganze e indecenze dall'altra formano il ritratto di Commodo, e tutta la serie delle azioni che avremo a riportare di lui fino alla sua morte."

Commodo aveva una vera predilezione per i combattimenti dei gladiatori: indiceva tornei che duravano settimane o mesi e vi partecipava personalmente. Con le carte truccate però: si armava di spade affilatissime e faceva spuntare quelle dei suoi avversari. Il culmine della sua bassezza fu raggiunto quando, come ci racconta lo storico Cassio Dione, suo contemporaneo, inscenò nell'arena una battaglia contro i "mostri", che stravinse facendoli tutti a pezzi in un'orgia di sangue. I "mostri" erano impersonati da poveri storpi raccolti per strada, armati di finte pietre fatte con delle spugne. Quell’eroica vittoria valse a Commodo (per suo proprio decreto) il titolo, fra i tanti, di "Ercole".

Jean-Léon Gérôme (1824-1904) - Pollice verso
(clicca per ingrandire) 
 
Ma Commodo si proclamava anche tante altre cose; ecco l'intestazione dei documenti imperiali indirizzati al Senato: 
"L'Imperatore Cesare Lucio Elio Aurelio Commodo Augusto, Pio, Felice, Sarmatico, Massimo Germanico, Britannico, Pacificatore dell'Universo, Invincibile, Ercole Romano, Gran Pontefice, adorno della potestà tribunizia per la decima volta, otto volte imperatore, sette volte console, padre della patria, ai consoli, ai pretori, ai tribuni del popolo, e al felice senato commodiano, salute."

E “commodiano” non era solo il Senato, ma perfino la città di Roma, ribattezzata "Colonia Commodiana".
Il bravo e morigerato imperatore era leggermente pieno di sé, e il popolo, della cui adorazione egli aveva una sete insaziabile, cominciò ad avere vergogna di lui. Ecco un'altra testimonianza di Crevier:

"Veniva ricolmato di applausi: gli stessi senatori ripetevano le acclamazioni, che venivano loro dettate, e per ogni cento risonavano le sue lodi, mentre non v'era alcuno degli spettatori che non arrossisse sino al fondo dell'animo per l'ignominia di cui si ricopriva il capo dell'Impero.
Bisogna dire che in mezzo a questi concertati applausi sfuggiva qualche involontario indizio degl'interni sentimenti che li smentivano; da che Commodo sospettò che si facessero beffe di lui, e ne prese tanto sdegno, che fu sul punto di dar ordine ad una truppa di soldati, che facesse man bassa sopra il popolo. Voleva anche mettere a fuoco la città, che era a suo credere tanto più rea, che essendo sua colonia, gli doveva per tal ragione un nuovo grado di affetto e di riverenza. Leto, prefetto del pretorio, lo distolse da sì furioso divisamento, ma il pubblico n'ebbe qualche sentore, e si può facilmente immaginare come perciò s'accrescesse il suo odio contro il principe.
Vedendo di esser l'oggetto di un odio universale, ne comprese il pericolo; ma non voleva opporvi la sola efficace difesa che sarebbe stata il cambiar condotta, e ricorse a nascondersi nelle sue case di delizia, da cui rade volte usciva, e portando la sua diffidenza tanto innanzi, che adoperava una leggera fiamma per bruciarsi i peli della barba e l'estremità dei capelli, temendo di affidare il suo capo al rasoio d'un barbiere."

A questo punto cominciò l'auto-distruzione di Commodo: accecato dal sospetto di congiure vere e presunte, fece massacrare collaboratori, amanti, parenti ed amici. Quando la sua concubina prediletta Marcia scoprì di essere in cima alla lista dei prossimi condannati, giocò di anticipo e lo fece strangolare nel bagno da un servitore.
Al nuovo imperatore, Publio Elvio Pertinace, il Senato rivolse quest’appello:

"Che il ricordo dell'assassino e del gladiatore sia cancellato del tutto. Lasciate che le statue dell'assassino e del gladiatore siano rovesciate. Lasciate che la memoria dell'osceno gladiatore sia completamente cancellata. Gettate il gladiatore nell'ossario. Ascolta, o Cesare: lascia che l'omicida sia trascinato con l'uncino, alla maniera dei nostri padri. Più feroce di Domiziano, più turpe di Nerone. Ciò che ha fatto agli altri, sia fatto a lui stesso. Sia da salvare invece il ricordo di chi è senza colpa. Sia ripristinato l'onore degli innocenti."

Il Senato dichiarò Commodo hostis publicus (nemico pubblico) e lo condannò alla damnatio memoriae, cioè alla cancellazione di ogni ricordo di lui: monumenti, iscrizioni, immagini e scritti.
A quanti stanno tirando un sospiro di sollievo perché "giustizia fu fatta", devo dare una brutta notizia: la damnatio memoriae di Commodo durò solo due anni. Pertinace finì anch'egli assassinato (ma va'?) e il suo successore, Settimio Severo, riabilitò la memoria di Commodo.
Perché? Per puro opportunismo: per ottenere legittimamente il trono Settimio Severo doveva avvalorare una sua dubbia parentela con la stirpe degli Antonini, la stessa di Marco Aurelio e Commodo. Settimio comprò la parentela con la promessa di riabilitare il "gladiatore".
Ma Roma tornò per sempre (si spera) a chiamarsi Roma, è già qualcosa.
       
Dimenticavo, da tutta questa edificante storia avete per caso colto delle analogie con il presente? Siete proprio dei malpensanti. Come me.  



* Jean-Baptiste-Louis Crevier, Storia degli imperatori romani, 1751, Vol XIII

sabato 5 febbraio 2011

La Scuola di Atene


Amo le idee che non servono ad aumentare il PIL, le espressioni del pensiero "non funzionale”.

Se vi siete già fatti del male leggendo il mio precedente post sul De brevitate vitae senechiano (in caso contrario cliccate qui), vi sarete fatti un'idea, ammesso che io sia riuscito a spiegarmi, della scomparsa del tempo quando perseguiamo la conoscenza. Da quando esiste l'Uomo c'è un edificio in costruzione, quello del sapere, che ci dona l'eternità. Sappiamo che chi ha lavorato in questo cantiere l'ha fatto per noi e sappiamo che se riusciamo minimamente a contribuire, anche solo facendo i portatori della malta, lavoreremo per chi verrà dopo e saremo ammessi anche noi alla vita eterna. Perché questa costruzione non terminerà mai.

Ebbene, premesso che di arte ci capisco poco o nulla, c'è un affresco di Raffaello che rappresenta bene quello che intendo dire. E' la "Scuola di Atene", che ricopre una parete dell'appartamento privato di papa Giulio II, in una delle cosiddette "stanze di Raffaello" in Vaticano.
Dipinto intorno al 1510, rappresenta un edificio ideale in cui i pensatori dell'antichità (anzi di oggi, domani e sempre) sono rappresentati insieme senza alcun riguardo per la successione temporale delle loro vite. Il tempo è cancellato, del tutto irrilevante al cospetto dell'edificio del sapere.

Invitandovi a cliccare sull'immagine in alto per vedere l'affresco in alta definzione (magari apritela in una nuova finestra, così potete leggere e guardare l'affresco contemporaneamente), noterete che solo i due personaggi al centro sono volutamente identificabili: Platone e Aristotele. Il primo ha in mano il Timeo, il secondo l'Etica. Tutti gli altri, dato che di Raffaello so poco, li ho dovuti identificare leggendo una spiegazione didascalica su Wikipedia: qui (andate in basso nella pagina). E' divertente Socrate, quello con la tunica verde oliva, che dando le spalle a Platone e Aristotele, con piglio severo sembra dire "il numero uno sono io!"

E così vediamo filosofi, matematici, astronomi, sovrani e contemporanei di Raffaello tutti insieme nell'edificio della conoscenza. Contemporanei? Sì, e mi piace molto; per esempio Platone ha il volto di Leonardo da Vinci, Eraclito quello di Michelangelo, così alcuni personaggi hanno due identità che ben si conciliano con l'indipendenza del sapere dalla dimensione temporale. Ovviamente, non è che tutte queste cose le ha dette Raffaello: sono cinquecento anni che critici e sapienti si arrabattano per identificare i protagonisti.

E' una vera goduria; vorrei essere anch'io nell'edificio, magari seminascosto dietro una colonna con il secchio della malta in mano o con i pannicelli caldi per i maestri. Qualcuno ci ha pensato prima di me: Raffaello ritrae se stesso in basso a destra. Non credo che il pittore lo abbia mai dichiarato, ma a me sembra proprio lui. Guardate il raffronto tra il suo autoritratto (l'ho girato per avere lo stesso orientamento) e il dettaglio dell'affresco:


E adesso lasciatemi dire come si cancella il tempo. Prendete un rappresentante di ognuna delle centomila generazioni che ci hanno preceduto, e immaginateli tutti insieme in un grande stadio. Centomila persone che sono la storia dell'Uomo. Ma l'Uomo, benedett'uomo, chi è? Guardateli, fate scorrere il vostro binocolo di gradinata in gradinata, di volto in volto:

Molti i lenoni e gli assassini
ma alcuni giusti e letterati,
viaggiatori, poeti e deficienti,  
belli, brutti, storpi e mendicanti,
soldati, generali assatanati,
santi, beati ed avvocati,
anime gentili e farabutti;
stragi, incesti e opere pie
tanto è costato l'arrivare a me.

E continua. Portare qualche secchio di malta in quell'edificio è sempre più l'unica via.  

sabato 29 gennaio 2011

Chi dei due è Bingo-Bongo?

Pinco

Pallino

C'è stato un esponente politico italiano che ha affermato recentemente, a proposito di un altro esponente politico: "Un nero non può essere italiano, figuriamoci parlamentare".
Chi l'ha detto? Per scoprirlo facciamo un giochino: vi faccio vedere i CV di due politici e voi indovinate.

CV Signor Pinco:
- Laurea in Medicina
- Dentista

CV Signor Pallino:
- Laurea in Filosofia
- Laurea in Scienze Politiche
- Docente di Intercultura all'Università di Bologna
- Docente di Geografia Economico-Politica all'Università Tor Vergata di Roma

Sarà stato il Signor Pinco o il Signor Pallino a pronunciare cotanta verità? Volete ancora un aiutino? Ecco i libri pubblicati dal Signor Pallino:

- Africa, la pentola che bolle (EMI, 2003)
- Congo, Ruanda, Burundi. Le parole per conoscere (Editori Riuniti, 2004)
- L'Africa in pista. Storia, economia e società (SEI, 2006)
- Il problema dell'altro (Cooperativa l'Altrapagina, 2007)
- Per una convivialità delle differenze. In ascolto di altre culture (idem, 2009)

Libri pubblicati dal Signor Pinco:

ehm... forse ci sono problemi su Internet, non riesco a trovarli... saranno sicuramente numerosi, accidenti alla tecnologia...

Eh lo so, anche con questi aiuti è difficile. Forse è meglio ricordare le circostanze. Il Signor Pallino aveva osato contestare al Signor Pinco lo splendido biglietto di auguri natalizi da lui ideato:


Ma già che (per mia incapacità) non sono riuscito a trovare i libri di Bingo-Bongo (ehm, scusate, del Signor Pinco), vorrei sopperire riconoscendogli la strenua difesa della storia millenaria e della cultura padane, e per far ciò vi riporto testualmente la voce "Padania" dell'Enciclopedia Treccani:

ma cacchio, NON E' POSSIBILE! Non c'è! La cultura in Italia è veramente ai minimi termini! Poi dice che uno vota Lega.. e ti credo, questo è oscurantismo!

A' Bingo-Bongo, mi è venuta un'idea. Qua il problema culturale è serio. Portiamo il verbo padano in tournée in giro per il mondo: io faccio il terrone (che mi viene bene) e tu il padano (che ti viene benissimo).
Siccome andremo in luoghi sperduti e disagiati, portati una piccola vasca a forma di chitarra*.


Fine dell'indovinello. ecco le identità dei due protagonisti:
Pinco: Bingo-Bongo
Pallino: Jean-Leonard Touadì
Comunque vi ho ingannato, perché chi dei due abbia detto la frase razzista, non riesco proprio a immaginarlo.


* Quando i soldati "padani" nel 1861 fecero razzia degli arredi della reggia di Caserta, prepararono un diligente inventario degli oggetti trafugati. Nella lista si legge, tra gli altri, "piccola vasca a forma di chitarra".

I poveretti non avevano mai visto un bidet.

sabato 22 gennaio 2011

A caccia di Nèmesi: altro che 2012

Nemesis di Alfred Rethel (1816-1859). Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo.

La divulgazione scientifica è una gran bella cosa: rende accessibile e comprensibile ai più ciò che altrimenti resterebbe appannaggio di pochi. E' sviluppo della conoscenza.
Occorre grande prudenza, però. Fornire una serie di informazioni senza alcuna distinzione tra verità provate, teorie, congetture e mere fantasie distorce l'informazione e crea ignoranza, non conoscenza. E l'effetto è veramente nefasto sui ragazzi, ancora acerbi nella loro capacità di giudizio.
Chiamo divulgazione quella di Piero Angela; chiamo teatrino tragicomico quello di Roberto Giacobbo e delle sue idiozie sul 2012. Uno potrebbe anche farsi quattro risate guardando Voyager, ma il pensiero che qualcuno potrebbe esserci cascato è tragico. La scienza sacrificata sull'altare dello spettacolo, si dice. Eppure ha più pubblico Angela di Giacobbo: si può fare divulgazione con tanta audience, sempre che si trovino degli Angela e non dei Giacobbo. Speriamo.

Questa filippica introduttiva anti-Voyager mi serve per parlare con serietà di una ricerca scientifica poco nota: la ricerca di Nèmesi. Una ricerca che potrebbe rivoluzionare la storia della  vita sulla terra; è basata su un'ipotesi non dimostrata ma molto promettente. E' il compito della scienza: fare ipotesi che aprano campi di ricerca nuovi per dimostrarle o sconfessarle.

Anche i bambini sanno che i dinosauri si sono estinti tutti insieme. E' molto meno noto, invece, che non sono solo i dinosauri ed essersi estinti 65 milioni di anni fa: oggi si ritiene che circa il 70% di tutte le specie animali scomparve nello stesso momento. Questa è verità scientifica, anche se la percentuale più vicina al vero è ancora oggetto di discussione: lo studio dei fossili presenti negli strati geologici è unanimemente considerata prova sufficiente di questa teoria.
Perché questa estinzione di massa? La teoria più accreditata, e anche questo lo sanno in molti, è quella dell'asteroide o della cometa che cadde sulla Terra provocando una sorta di "inverno nucleare" che rese il pianeta invivibile per molti anni e per molte specie, quelle più in alto nella scala evolutiva.
Sappiamo con certezza che questo tipo d'impatto cosmico è avvenuto più volte nel tempo (presenza dei crateri d'impatto sulla superficie terrestre), sappiamo che uno di questi impatti avvenne proprio 65 milioni di anni fa, non sappiamo con certezza che fu questa la causa dell'estinzione; però gli indizi e il calcolo degli effetti di un impatto del genere ne fanno la spiegazione più plausibile. Altrimenti detto, nessuno scienziato si è presentato con una spiegazione più plausibile di questa. 

Ho detto che sappiamo che un impatto ci fu 65 milioni di anni fa. Come facciamo a saperlo? Dalla straordinaria concentrazione di iridio presente nello strato geologico corrispondente a quell'epoca.
L'iridio è un metallo pesante e non reattivo, della stessa famiglia del platino, normalmente presente in piccolissime quantità sulla superficie terrestre. Ne sono invece molto ricchi asteroidi e comete; la presenza massiccia di iridio in uno strato geologico è prova dell'impatto con un corpo celeste all'epoca della formazione dello strato.

Di più: nel 1984 i paleontologi Raup e Sepkoski rilevarono eccezionali concentrazioni di iridio in tre siti geologici e in più strati, intervallati tra di loro con un periodo di 26 milioni di anni. Scavando scavando, c'erano strati d'iridio in grande quantità ogni 26 milioni di anni, e da questa constatazione ricavarono una teoria: la frequenza d'impatto di corpi celesti sulla Terra non era casuale, ma pilotata da un evento extra-terrestre periodico, come uno sciame di meteoriti che passasse da queste parti con un periodo di tempo determinato.         
Accolta con scetticismo, la teoria però indusse altri scienziati a investigare sulla presenza di iridio in altri siti: questa concordanza di periodicità fu riscontrata in ben 50 siti geologici in tutto il mondo. Ce n'era abbastanza perché la teoria giustificasse l'apertura di nuovi campi di ricerca per formulare nuove ipotesi. 

L'ipotesi diventò astronomica: che cosa può scontrarsi con la Terra ogni 26 milioni di anni? Il periodo fa pensare a un'orbita intorno al sole fortemente ellittica di qualcosa; che cosa? Una cometa? Potrebbe essere, ma allora perché non si distrugge e torna ogni volta? Uno sciame di comete?
Per capire dobbiamo parlare di un'altra ipotesi: quella dell'esistenza della cosiddetta "nube di Oort" che sembrerebbe essere un "serbatoio di comete" che si trova all'esterno del sistema solare ma non troppo lontano da questo, dal quale arriverebbero tutte le comete di lungo periodo, come la Hale-Bopp che molti di noi hanno potuto osservare nel 1997. E' una teoria per ora difficilmente dimostrabile perché la nube è troppo oscura e lontana per essere osservata con i mezzi attuali. Tuttavia è condivisa da moltissimi astronomi; anche in questo caso non è stata ancora formulata un'ipotesi migliore per la provenienza delle comete di lungo periodo.

Dunque, ipotizzando vera la nube di Oort, due gruppi indipendenti di astronomi sono arrivati a formulare questa teoria: il nostro Sole ha una stella compagna che gli gira intorno con un'orbita fortemente ellittica, che la porterebbe ogni 26 milioni anni a perturbare la nube di Oort provocando un grande afflusso di comete verso il sistema solare. L'ipotetica stella è stata battezzata Nèmesi (la dea della vendetta), o più prosaicamente "stella della morte".
E' una bella teoria, non tanto perché è suggestiva, ma perché ha una buona speranza di verifica. I telescopi di nuova generazione e quelli messi in orbita come il WISE (Wide-Field Infrared Survey Explorer) hanno buone possibilità di provarne l'esistenza; forse non c'è molto da aspettare.

Se fosse provata, è una teoria straordinaria come poche: la storia della vita sulla terra sarebbe dettata da un evento astronomico periodico; sapremmo che l'umanità avrebbe, almeno sulla Terra, al massimo un futuro di 13 milioni di anni (siamo infatti a metà del ciclo di 26); e avremmo la prova dell'esistenza della nube di Oort. Stay tuned.  

Piccolo corollario sull'estinzione dei dinosauri: se non ci fosse stata, con tutta probabilità noi umani non esisteremmo. I mammiferi rappresentavano buona parte della dieta dei dinosauri carnivori; dopo la loro scomparsa l'evoluzione dei mammiferi conobbe una forte accelerazione che porterà fino a noi. Se ci fossero ancora Tirannosauri, Velociraptor & C., saremmo ancora poco più che piccoli roditori

Spero di aver raggiunto due scopi: il primo di raccontarvi una teoria straordinaria poco nota; il secondo di illustrare come dovrebbe procedere la divulgazione scientifica senza indulgere alla spettacolarità.

Per chi volesse approfondire:

domenica 2 gennaio 2011

L'amore più grande del mondo


Prima soffrivo molto nel vederla stare con gli altri e non con me; adesso mi sono abituato e, anche se sono molto solo, me ne faccio una ragione. Lei non sa però che quando non c’è vago alla ricerca delle sue tracce: talvolta ritrovo il suo profumo intenso e me ne riempio le narici, quasi illudendomi perfettamente della sua presenza; allora, per goderne più a lungo, mi siedo e mentre socchiudo gli occhi scivolo inevitabilmente in un sonno leggero.

E’ un sonno con un occhio solo, perché ho paura di perdere il momento in cui la rivedrò davvero; ma riesco sempre a sognarla, sempre. I miei sogni riempiono tutte le sue assenze, tutti i suoi tradimenti, tutte le sue trascuratezze; non ho bisogno neanche di perdonarla, perché non ha colpe ai miei occhi. La cosa peggiore che allora mi può capitare è sognare che lei sia in collera con me, a volte succede; mentre dormo mi agito e mi lamento, finché un rumore provvidenziale non mi toglie dall’incubo: no, non è ancora lei, ma è meglio che io mi sia svegliato.

Ecco i suoi amici, sono contento di vederli: presto arriverà anche lei, ne sono certo; anche loro sono molto gentili con me, ma non è la stessa cosa: mi aiutano solo ad immaginarla ancora una volta, e per questo non mi vergogno di mostrare loro la mia gratitudine.

Eccola, eccola! Oh, quanta sofferenza vale la pena di sopportare per momenti come questo! Ti prego, guardami, guardami negli occhi, accarezzami! Sì, così, ancora, ancora! Voglio morire adesso, quando sei tutta per me, quando la mia felicità raggiunge la perfezione. La pace si impadronisce del mio essere, potrebbe succedermi qualunque cosa ma non ho paura: ora c’è lei e l’intero universo è mio. Sì, lei è proprio tutto quello che ho e tutto quanto mi basta, non chiedo nient’altro; solo sapere che esiste e vivere per una sua carezza che arriverà, non importa quando, per poter scodinzolare per lei, accucciarmi accanto a lei.

Il nero del mio pelo si confonde ormai con l’oscurità della notte; lei dorme e io l’ascolto dormire. Domani è un altro giorno della mia vita di cane, un altro giorno di grandi gioie con lei; forse mi farà uscire, forse addirittura senza guinzaglio. Indugio ancora un poco ad ascoltare il suo respiro; una tranquilla grattatina, e poi il muso mi crolla sul tappeto.

Mi è tornato alla mente questo raccontino che ho scritto più di dieci anni fa, perché l'altra notte ho sognato il mio cane immaginario, quello che oggi vorrei e non ho. Era grande, nero, con le grandi orecchie pendenti.
Dedicato a tutti quelli che desiderano un cane e per tante ragioni non possono; a chi ha perso il suo cane, a chi ne sente la mancanza. A tutti i padroni che sanno che quello che ho scritto è vero.