sabato 16 febbraio 2013

Una riflessione sull'Art. 3 della Costituzione

27 dicembre 1947
Enrico De Nicola firma la Costituzione della Repubblica Italiana

Non credo che ci vogliano meno di venti o trent’anni per raddrizzare la barca Italia, ammesso che sia ancora possibile. Se è così, non dobbiamo dimenticare che non andiamo a votare per noi ma per chi verrà dopo di noi.
A dire il vero, questo è un principio che dovremmo sempre adottare, cercando di proiettare la nostra scelta in una prospettiva storica ancora ignota ma, con un po’ d’impegno, immaginabile e auspicabile.
Auspicabile? Sì, certo, il futuro lo facciamo noi.

Il voto come auspicio per chi verrà dopo, un orizzonte e una bussola che non può dipendere da questa o quella imposta che non mi va giù, ma dall’impronta che voglio dare al mio Paese.
E’ lo spirito di chi ha scritto la Costituzione di una Nazione che non c’era più e andava rifondata da zero. Proviamo quindi a diventare tutti “Padri Costituenti”, perché anche questa volta dobbiamo rifondare un Paese che non c’è più.
E quando dobbiamo immaginare il Paese che vogliamo, non possiamo che partire dai princìpi, per esempio questo:

Art. 3 
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. 
E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. 

Anche la grammatica ha la sua importanza. Notate l’uso sistematico dell’indicativo presente: “Tutti i cittadini hanno”, “E’ compito della Repubblica”. E’ una caratteristica di tutta la Costituzione: non usa mai il futuro o il condizionale né circonvoluzioni come “La Repubblica s’impegna a…”. In questo modo i principi espressi diventano condizioni perché la Repubblica sia tale.
In altre parole, se lo Stato non rimuove “gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini”, non è Repubblica, anzi non è “Res Publica” ma diventa “Res Privata”. E, purtroppo, sappiamo che è vero.
E in una Repubblica degna di questo nome “la libertà e l’eguaglianza” non sono indipendenti l’una dall’altra, vanno insieme. l cittadini sono liberi se non sono discriminati. I cittadini sono uguali se sono liberi. 

Credo che a tutti noi vengano in mente molti esempi di come la Repubblica non abbia affatto “rimosso gli ostacoli”, anzi.
Per citarne uno, soffermiamoci sulla bellissima frase “limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza”: non si parla solo di eventuali provvedimenti legislativi ma anche di condizioni estemporanee (di fatto) che non devono mai verificarsi e, se si verificano, devono essere rimosse. Per esempio, una rappresentanza legale di lavoratori non può essere estromessa da una fabbrica e dal relativo potere contrattuale.
E’ successo, vero? C’è qualcuno che sta pensando di rimuovere questa incostituzionalità?

Ma un esempio su tutti mi fa davvero male, perché riguarda il cittadino n.1, il Presidente della Repubblica. Questo cittadino gode, giustamente, di prerogative uniche quando è nell’esercizio delle sue funzioni. Non può e non deve godere di alcun privilegio quando ne è fuori. Mi viene in mente un detto che era appeso in una toilette: 

Saranno grandi i Papi, saran potenti i Re, ma quando qui si siedon son tutti come me.

Ebbene, la Corte Costituzionale ha deciso che neanche quando è seduto in quel posto il Presidente è uguale a me.
Naturalmente sto parlando della famosa intercettazione della telefonata Mancino-Napolitano. Non è nelle prerogative né nei compiti del Presidente della Repubblica entrare nel merito di un procedimento giudiziario, quindi stava semplicemente parlando al telefono con un amico, il quale era l’oggetto dell’intercettazione, in quanto indagato.
Prudenza avrebbe voluto che il Presidente non gli avesse neanche risposto, e invece lo sventurato rispose.

Ne è seguito tutto il bailamme che conoscete, alla fine del quale la Corte ha stabilito che il Presidente non può essere mai intercettato, pur avendo la medesima responsabilità penale degli altri cittadini, anche se l’intercettato è il suo interlocutore. Nel caso, le prove “andrebbero cercate con altri mezzi”.
In pratica, se qualcuno telefona al Presidente e gli dice “sto per ammazzare mia moglie”, questa registrazione deve essere subito distrutta, non può essere utilizzata al processo.
Assolutamente pazzesco. Una lesione gravissima del nostro Articolo 3: gli ostacoli all’uguaglianza devono essere rimossi, ma non se c’è in ballo il cittadino Presidente.
In Italia è stato reintrodotto il principio di “lesa maestà” della Lex Julia Maiestatis dell’anno 8 a. C.
Che ci volete fare, dopotutto sempre a Roma stiamo.

E come per l’Art. 3, tante altre violazioni possiamo constatare. Un utile esercizio prima del voto potrebbe essere leggere con attenzione i primi 12 articoli della Costituzione qui, provare a riscontrare le attuali violazioni della Carta, e poi spegnere la televisione e leggere i programmi dei partiti e delle coalizioni.
Quale dei programmi guarda più lontano, quale dei programmi è più “ri-costituente”?

E andiamoci, a votare. E se, mentre andiamo al seggio, prendiamo in pieno un palo perché stavamo pensando ad alti principi, sarà valsa la pena.