venerdì 9 marzo 2012

Il più premeditato degli omicidi

Cina 2011 - Una condannata è condotta sul luogo dell’esecuzione

Vorrei averla inventata io questa definizione della pena capitale: “il più premeditato degli omicidi”, invece l’ha fatto Albert Camus.
E' ancora Camus l'autore di una bella e terribile descrizione della solitudine e della disperazione del condannato:

Il senso d'impotenza e di solitudine del condannato incatenato, di fronte alla coalizione pubblica che vuole la sua morte, è già di per sé una punizione inconcepibile. E anche per questo sarebbe preferibile che l'esecuzione avvenisse pubblicamente. L'attore che è in ogni uomo potrebbe allora venire in soccorso dell'animale terrorizzato, e aiutarlo a ben figurare, anche di fronte a se stesso. Ma la notte e la segretezza sono senza appello. In questo disastro, il coraggio, la forza d'animo, persino la fede rischiano di essere affidati al caso. Generalmente l'uomo è distrutto dall'attesa della pena capitale molto tempo prima di morire. Gli si infliggono due morti, e la prima è peggiore dell'altra, mentre egli ha ucciso una volta sola. Paragonata a questo supplizio, la legge del taglione appare ancora come una legge di civiltà. Non ha mai preteso che si dovessero cavare entrambi gli occhi a chi aveva reso cieco di un occhio il proprio fratello.
(Albert Camus, Riflessioni sulla pena di morte

Come la penso sulla pena di morte l’ho detto tempo fa qui, perché tornarci su? Perché vorrei parlare di un fatto di attualità.
Il fatto è la recente dichiarazione del vice ministro cinese della salute, il quale ammette che la fonte principale degli organi destinati ai trapianti è costituita dai condannati a morte, in mancanza di una cultura diffusa della donazione. Gli ammalati in lista d’attesa, afferma il ministro, sono 1.300.000. Articolo qui.

In realtà si ritiene, a partire dai numerosi rapporti delle organizzazioni umanitarie (per esempio questo), che gli organi di molti condannati siano venduti ancora prima della morte al mercato nero che alimenta il traffico mondiale dei trapianti. Venduti a pezzi.

C’è chi compra senza far domande, e allora io mi chiedo se potrei mai essere un compratore. Un figlio in lista d’attesa, una lotta contro il tempo… un’offerta che arriva nel momento più critico. Mi fa male pensarci ma penso che potrei farlo; che la sorte non mi metta mai alla prova.   
E se invece fossi io stesso ad aver bisogno di un trapianto, pena la morte? A freddo dico no, non se ne parla.
Però ho paura che quando si comincia a intravedere nella nebbia la sagoma della Signora con la falce, quando tutti i ragionamenti lasciano il posto all’affanno dell’animale ferito, quando si darebbe tutto per un giorno in più, in quel momento si è troppo soli. Troppo disperatamente soli per avere una scelta. Come ha detto Camus, la notte e la segretezza sono senza appello.     
In questa tenebra dell’intelletto, spento retaggio di quando ero una persona, vedo il filmato del condannato portato al patibolo. Una didascalia impietosa scorre sullo schermo: “tu vivrai perché lui morirà”. E quando l’ultima lettera è sparita nell’angolo, comincia a scorrere di nuovo: “tu vivrai perché lui morirà”. Neanche spegnere il televisore serve, perché non l’avevo mai acceso.

Ecco quali orribili elucubrazioni (seghe mentali, avete ragione) avrei potuto risparmiarmi se la pena di morte fosse un ricordo di barbari tempi passati. Ma preferisco pensarci e condividerne le emozioni, chissà che non serva anche questo.

Mumia Abu Jamal, attivista delle Pantere Nere, giornalista e scrittore.
E’ stato nel braccio della morte in attesa dell’esecuzione per trent’anni,
dal 1981 al 2011, quando la sua sentenza è stata annullata.

sabato 3 marzo 2012

Euro e grammatica


Lo sapevate che esiste "la" lingua europea? No, non parlo dell'inglese e neanche dell'Esperanto, ma della nuova lingua che è nata insieme all'Euro.
In tempo di crisi per la moneta unica, ricordiamoci che il povero Euro ha anche una funzione linguistica: c'è poco da ridere, esiste una lingua europea che ha un lessico composto da due parole. Precorre un tempo lontano, sempre più lontano, forse immaginario.    
Le due parole sono "Euro" e "Eurocent". La seconda, il centesimo, si scrive rigorosamente senza puntino. Ma se la prima la usiamo tutti, non ho mai sentito qualcuno usare la seconda.
Questa lingua nasce il 26 ottobre 1998, con la direttiva europea che sancisce come si usano in tutta Europa queste due parole.  

Non c’è molto da dire sull’origine di parole così moderne e così “artificiali” che nascono per decreto. Invece la domanda interessante è: qual è il plurale di Euro? Se credete di non avere alcuna incertezza in merito, leggete e vi verrà. 
La risposta sembra facile; basta leggere cosa c’è scritto sulle banconote: 10, 20, 50 Euro e non Euri.
Sulle banconote svizzere è scritto “dieci franchi”, ma la banconota circola solo in Svizzera e non è difficile far sottostare la valuta alle regole delle quattro grammatiche confederate; in fondo è sufficiente riportare l’espressione “solo” quattro volte su ogni banconota...


Come sarebbe mai possibile invece rendere il nome della valuta europea compatibile con le grammatiche di tutti i paesi dell’Unione? Ecco perché “Euro” è una parola convenzionale che sottostà ad una regola convenzionale: Euro al singolare e al plurale. 

La questione Euro - Euri è stata dibattuta a lungo, a causa di prese di posizione autorevoli e contrastanti: l’Accademia della Crusca, la più alta autorità in tema di lingua italiana, già nel 1996 si era espressa a favore di “Euri”, mentre la direttiva di cui sopra sanciva l’invariabilità di Euro.
Un caso senza precedenti: per la prima volta un organismo politico internazionale si pronunciava su una questione linguistica, costrettovi dall’eccezionalità del caso, una parola senza nazionalità. 
Con successiva presa di coscienza della particolarità, l’Accademia della Crusca ha fatto in seguito marcia indietro. Ha scritto il Professor Francesco Sabatini, all’epoca presidente dell’Accademia: “una parola dotata di una sua particolare fisionomia, portatrice di una semantica che quasi la isola nel contesto morfosintattico... la prima parola di una lingua europea non nazionale“.

Ma, ripeto, la risposta “sembra” facile. In realtà la questione rimane inutilmente controversa, perché la citata direttiva europea del ’98, con una incomprensibile mancanza di coerenza, ha decretato l’invariabilità della parola per l’inglese, l’italiano ed il tedesco, ma non per il francese (les euros), lo spagnolo (los euros), il finlandese (eurot), lo svedese (eurorna), pur stabilendo che comunque in tutti i paesi la parola deve essere riportata in forma invariabile sulle banconote.      
Insomma, ci piacerebbe dire “Euro, finalmente, e non se ne parli più!”, ma gli organismi della UE non ci aiutano, creando ulteriore confusione. E’ proprio vero che bisognerebbe lasciare fare ad ognuno il suo mestiere, e la grammatica non pare essere quello dell’Unione Europea. 

Oggi possiamo dire che questa incoerenza lessicale non è altro che il simbolo, oggi più valido che mai, di una incoerenza di sostanza a cui va posto riparo. 
Qui o si fa l'Europa o si muore.