sabato 24 settembre 2011

Neutrini, fotoni e gelmini. E se i fotoni s’incazzano?


Dunque questi neutrini, piccoli, insignificanti e senza carica, che non si curano di noi ma guardano e passano attraverso qualunque cosa come se nulla esistesse, sarebbero più veloci dei fotoni.
E dire che quelli né positivi né negativi, gli ignavi, Dante li metteva nell’anticamera dell’Inferno, manco si meritavano di entrare.
Invece i poveri fotoni, a partire dal “fiat lux” di Marchionne, 14 miliardi di anni fa, si sono umilmente fatti un mazzo così: senza di loro nemmeno esisteremmo. 
Per dire, uno detiene il record per 14 miliardi di anni e poi arrivano questi neutrini qualunque, le particelle più imbecilli dell’universo, né carne né pesce, e zac! ti fregano il record.
Diciamoci la verità, i neutrini non hanno mai fatto nulla nella vita (si chiamano infatti anche d’alemini), e tomi tomi cacchi cacchi vincono le olimpiadi.
E no, non gli posso dare torto ai fotoni se poi s’incazzano. Ecco perché, io che sono nel mio piccolo un modesto ricercatore, ho una buona notizia per loro.    

Ma prima della buona notizia celebriamo l’evento insieme a Mariastella Gelmini, il suo comunicato sul sito del Ministero dell’Istruzione è qui, ma ve ne fornisco anche l’immagine perché potrebbe accadere che qualcuno, mosso da umana pietas per la particella gelmina, lo rimuova dal sito:

Il comunicato del Ministero
(clicca per ingrandire)

Mi devo rassegnare all’ignoranza inconsapevole, perché non sapevo proprio nulla di questo tunnel; ho scoperto dal comunicato che ne è stato costruito uno di 730 km tra Ginevra e il Gran Sasso.
Cavolo, questa sì che è una grande opera. Perché questo governo schivo e operoso non ce l’ha detto? Ve lo dico io: perché rifugge i proclami e lavora in silenzio per il bene dell’umanità. Del resto lo sapete che la luce ad Arcore è sempre accesa.
Addirittura, il movimento No-Cern e il Beppe nazionale non hanno avuto nulla da ridire. Un capolavoro di diplomazia (vuoi vedere che c’è anche il sapiente zampino di Frattini?). Quando il tunnel ce vo’, ce vo’, altro che storie.

Poi, sempre dal comunicato, ho scoperto che io non avevo capito un tubo; leggiamo:

"Il superamento della velocità della luce è una vittoria epocale per la ricerca scientifica di tutto il mondo."

Accidenti, io avevo capito che i neutrini potrebbero essere da sempre più veloci della luce. E invece no, l’evento straordinario è che gli scienziati hanno costretto i neutrini a superare la velocità della luce per la prima volta. A calci in culo.
Vedete come una rapa come me può capire solo fischi per fiaschi quando si addentra nei templi della conoscenza. Meno male che la mia gelmina mi guida e m’illustra. Ministra, sei il mio Vate. O la mia Vata, come si dice, Mariastella?

Eppure, cara gelmina, non mi giudicare male. Anch’io nel mio piccolo ricerco, e questa volta ti sorprenderò con la buona notizia per i fotoni.
Io e il mio amico Andrea, un ricercatore serio come me, abbiamo uno scoop scientifico che scuoterà le fondamenta del sapere.

Abbiamo studiato la rotta della comitiva fotoni-neutrini tra il CERN e il Gran Sasso e abbiamo constatato che la loro traiettoria è tangente ad Arcore, esattamente sopra la residenza del padrone (il tuo).
Ebbene, noi crediamo che sia questo che ha rallentato i fotoni.
Per la verità non sappiamo se sono i fotoni che hanno rallentato perché sono tombeurs de femmes e hanno deciso che valeva la pena di fare un sopralluogo di qualche nano-secondo, o se invece il nano-primo ha fatto scappare i neutrini più velocemente della luce perché comunisti.
Affidiamo alla comunità scientifica internazionale il quesito.

Come vedi, Mariastella, questo superamento della velocità della luce è stato un fatto sporadico e non si ripeterà, dato che presto la villa di Arcore diventerà un museo delle cere. La statua più importante è già pronta e operativa da un pezzo.
Che si mettano tranquilli i fotoni, diglielo anche tu. Non so se riesci a immaginare le conseguenze di uno sciopero dei fotoni: altro che Bertolaso ci vorrebbe per rimettere ordine nel buio perenne.
Pensa al tuo capo: gli si potrebbe spacciare Gattuso per la Arcuri ma poi mi sa che si arrabbierebbe un po’; e pensa a te che non avresti più bisogno di quegli splendidi occhiali ma nessuno potrebbe ammirare la tua avvenenza.

No, per voi governanti sarebbe una sfida impossibile, per noi poveretti una vita grama; ma almeno noi un vantaggio ce l’avremmo: non vedere più né te né il Cavalier Patonza.

sabato 17 settembre 2011

"Give Karl Marx a Chance to Save the World Economy"

"I filosofi hanno solo interpretato il mondo in tanti modi.
Il punto è invece come cambiarlo."

Che Marx abbia ancora molto da dire è voce diffusa tra gli addetti ai lavori. Ho letto da qualche parte ma non ricordo dove: “ora che il comunismo è morto, cominciamo a parlare seriamente di Marx”.
Una conferma per qualche verso clamorosa viene da un articolo apparso il 29 agosto di un guru dell’economia, George Magnus, colui che nel 2007 aveva previsto la crisi americana dei mutui sub prime con un anno di anticipo. Clamorosa perché Magnus è un consulente di UBS, uno dei templi del capitalismo mondiale.
Ho pensato di tradurre l’articolo, il cui originale è qui.


Diamo a Karl Marx una chance di salvare l’economia mondiale
George Magnus, consulente senior per l’economia - UBS

I protagonisti della politica che si arrabattano per capire la raffica di pànici finanziari, le proteste e gli altri mali che affliggono il mondo farebbero bene a studiare le opere di un economista morto da tanto tempo: Karl Marx.
Quanto prima riconosceremo che siamo di fronte ad una crisi del capitalismo senza precedenti, meglio saremo attrezzati per trovare una via d'uscita.

Lo spirito di Marx, che è sepolto in un cimitero vicino a dove vivo a Londra, è risorto dalla tomba nel mezzo della crisi finanziaria e della successiva crisi economica. L'analisi dello scaltro filosofo del capitalismo aveva un sacco di difetti, ma l'economia globale di oggi ha una certa inquietante somiglianza con le condizioni che lui aveva previsto.

Si consideri, ad esempio, la previsione di Marx di come il conflitto tra capitale e lavoro si sarebbe manifestato. Come ha scritto ne "Il Capitale", la ricerca continua di profitti e produttività avrebbe condotto in modo naturale a un sempre minor bisogno di lavoratori, e alla creazione di un "esercito industriale di riserva" di poveri e disoccupati: "L'accumulo di ricchezza di una parte è, quindi, allo stesso tempo accumulazione di miseria dell’altra".

Questo processo è visibile in tutto il mondo sviluppato; in particolare negli Stati Uniti, gli sforzi delle aziende di tagliare i costi ed evitare assunzioni hanno incrementato i profitti delle aziende, come quota del totale della produzione economica, al più alto livello in più di sessant’anni, mentre il tasso di disoccupazione è al 9,1 per cento e i salari reali sono stagnanti.

La disuguaglianza di reddito negli Stati Uniti, nel frattempo, è giunta vicina al suo livello più alto dal 1920. Prima del 2008, la disparità di reddito è stata nascosta da un fattore come il credito facile, che ha permesso alle famiglie povere di godere di uno stile di vita più agiato. Ora il problema sta venendo al pettine.


Il paradosso della sovrapproduzione

Marx ha anche sottolineato il paradosso della sovrapproduzione e del sottoconsumo: più persone sono relegate nella povertà, meno saranno in grado di consumare tutti i prodotti e servizi che le aziende producono. Quando un’azienda taglia i costi per aumentare i guadagni funziona, ma quando lo fanno tutte le aziende minano la formazione del reddito e della domanda effettiva sulla quale si basano ricavi e profitti.

Anche questo problema è evidente nel mondo sviluppato di oggi. Abbiamo una sostanziale capacità di produrre, ma nei gruppi a medio e basso reddito troviamo diffusa insicurezza finanziaria e bassi consumi. Il risultato è visibile negli Stati Uniti, dove la costruzione di alloggi nuovi e le vendite di automobili rimangono rispettivamente circa il 75% e il 30% più basse rispetto ai picchi del 2006.

Come Marx ha scritto nel Capitale: "La ragione ultima di tutte le crisi reali rimane sempre la povertà e il limitato consumo delle masse."


Affrontare la crisi

Quindi, come possiamo affrontare questa crisi? Per placare lo spirito di Marx, i politici devono porre i posti di lavoro in cima all'agenda economica, e prendere in considerazione altre misure non ortodosse. La crisi non è temporanea, e certamente non sarà curata dalla passione ideologica per l'austerità di governo.

Ecco cinque cardini principali di una strategia il cui tempo, purtroppo, non è ancora arrivato.

In primo luogo, dobbiamo sostenere la domanda aggregata e la crescita del reddito, altrimenti potremmo cadere in una trappola del debito con gravi conseguenze sociali.

I governi che non si stanno confrontando con una crisi imminente del debito - compresi gli Stati Uniti, Germania e Regno Unito - devono fare della creazione di occupazione la cartina al tornasole della politica. Negli Stati Uniti, il rapporto occupazione-popolazione è oggi basso come nel 1980. La sotto-occupazione è quasi ovunque a livelli record. Tagliare le imposte a carico del datore di lavoro sui salari e creare incentivi fiscali per incoraggiare le aziende ad assumere e investire, sarebbe un buon inizio.


Alleggerire il carico

In secondo luogo, per alleggerire il carico del debito delle famiglie, nuove iniziative potrebbero consentire loro di ristrutturare il debito ipotecario, o di negoziare una parziale cancellazione del debito in cambio di futuri pagamenti ai creditori a fronte di aumenti di valore dell’immobile.

Terzo, per migliorare la funzionalità del sistema creditizio, alle banche ben capitalizzate e ben strutturate dovrebbe essere permesso un temporaneo alleggerimento delle regole sull’adeguatezza del capitale, per cercare di creare un nuovo flusso di crediti, soprattutto alle piccole imprese. Governi e banche centrali potrebbero impegnarsi in contributi diretti o nel finanziamento indiretto degli investimenti nazionali o in programmi infrastrutturali.

Quarto, per alleviare l'onere del debito sovrano nella zona Euro, i creditori europei devono estendere i tassi di interesse bassi e le condizioni di pagamento recentemente proposte per la Grecia. Se gli “Eurobond” congiuntamente garantiti sono ancora un’utopia, almeno la Germania dovrebbe farsi paladina di una ricapitalizzazione urgente delle banche per aiutare ad assorbire le perdite inevitabili attraverso un fondo europeo di stabilità finanziaria notevolmente ampliato - una conditio sine qua non per risolvere la crisi del mercato obbligazionario.


Costruire difese

Quinto, per costruire difese contro il rischio di cadere in deflazione e stagnazione, le banche centrali dovrebbero guardare al di là dei programmi di acquisto dei bond, e invece mirare a un tasso di crescita nominale di produzione economica. Ciò consentirebbe un periodo temporaneo d’inflazione moderatamente più elevata, che potrebbe spingere i tassi d'interesse molto sotto lo zero e facilitare un abbassamento degli oneri del debito.

Non possiamo sapere se queste proposte funzionerebbero, o quali potrebbero essere i loro effetti collaterali indesiderati. Ma neanche lo status quo della politica è accettabile.
Gli Stati Uniti potrebbero trasformarsi in una versione più instabile del Giappone, e potremmo avere la frattura della zona Euro con conseguenze politiche imprevedibili. Entro il 2013, la crisi del capitalismo occidentale potrebbe facilmente estendersi alla Cina, ma questa è un'altra storia.

domenica 11 settembre 2011

Non dimentichiamo l'altro 11 settembre


"Trabajadores de mi Patria, tengo fe en Chile y su destino.
Superarán otros hombres este momento gris y amargo en el que la traición pretende imponerse.
Sigan ustedes sabiendo que, mucho más temprano que tarde, de nuevo se abrirán las grandes alamedas por donde pase el hombre libre, para construir una sociedad mejor. ¡Viva Chile! ¡Viva el pueblo! ¡Vivan los trabajadores!
Estas son mis últimas palabras y tengo la certeza de que mi sacrificio no será en vano, tengo la certeza de que, por lo menos, será una lección moral que castigará la felonía, la cobardía y la traición."

(Ultimo discorso alla radio di Salvador Allende, 11 settembre 1973)

Quell'11 settembre del '73 muore suicida (forse) Salvador Allende, controverso presidente del Cile, dando inizio ai più bui diciassette anni della storia del paese: la dittatura Pinochet. 

Il coinvolgimento dell'amministrazione Nixon nel colpo di stato è provato e incontrovertibile. Il processo Allende di statalizzazione delle miniere di rame, delle banche, delle imprese sostenute da forti interessi americani, doveva essere fermato.
Sono illuminanti le parole del Segretario di Stato Henry Kissinger al momento dell'elezione di Allende: 

"Non vedo perché dovremmo restare con le mani in mano a guardare mentre un Paese diventa comunista a causa dell'irresponsabilità del suo popolo. La questione è troppo importante perché gli elettori cileni possano essere lasciati a decidere da soli."

In un primo tempo gli USA avevano tentato d'impedire l'elezione di Allende, che non faceva mistero di voler "socialistizzare" il Cile, e in un secondo favorirono, anche con imponenti finanziamenti (che supereranno i 10 milioni di dollari nel 1972), il colpo di stato che lo deporrà. 

Lo stesso Dipartimento di Stato americano pubblicherà nel 2000 il "rapporto Hinchey" che prova il coinvolgimento della CIA e la violazione dei diritti umani da parte americana in quel paese. Il testo del rapporto è qui.   

Su Pinochet non c'è bisogno di dire, solo magari ricordare le cifre:
- 3.000 assassinati
- 30.000 torturati   
- 2.000 "desaparecidos"
Queste sono le cifre ufficiali del rapporto cileno della Comisión Nacional de Verdad y Reconciliación del 1991. Facile immaginare che siano cifre ridimensionate.

Perciò, ci tengo a non dimenticare questo primo 11 settembre. E, consentitemi, voglio anche chiaramente affermare che chi di 11 settembre ferisce, di 11 settembre perisce.   

Riprendo le ultime parole di Allende:
"Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore." 
Siamo in febbrile attesa.