sabato 17 settembre 2011

"Give Karl Marx a Chance to Save the World Economy"

"I filosofi hanno solo interpretato il mondo in tanti modi.
Il punto è invece come cambiarlo."

Che Marx abbia ancora molto da dire è voce diffusa tra gli addetti ai lavori. Ho letto da qualche parte ma non ricordo dove: “ora che il comunismo è morto, cominciamo a parlare seriamente di Marx”.
Una conferma per qualche verso clamorosa viene da un articolo apparso il 29 agosto di un guru dell’economia, George Magnus, colui che nel 2007 aveva previsto la crisi americana dei mutui sub prime con un anno di anticipo. Clamorosa perché Magnus è un consulente di UBS, uno dei templi del capitalismo mondiale.
Ho pensato di tradurre l’articolo, il cui originale è qui.


Diamo a Karl Marx una chance di salvare l’economia mondiale
George Magnus, consulente senior per l’economia - UBS

I protagonisti della politica che si arrabattano per capire la raffica di pànici finanziari, le proteste e gli altri mali che affliggono il mondo farebbero bene a studiare le opere di un economista morto da tanto tempo: Karl Marx.
Quanto prima riconosceremo che siamo di fronte ad una crisi del capitalismo senza precedenti, meglio saremo attrezzati per trovare una via d'uscita.

Lo spirito di Marx, che è sepolto in un cimitero vicino a dove vivo a Londra, è risorto dalla tomba nel mezzo della crisi finanziaria e della successiva crisi economica. L'analisi dello scaltro filosofo del capitalismo aveva un sacco di difetti, ma l'economia globale di oggi ha una certa inquietante somiglianza con le condizioni che lui aveva previsto.

Si consideri, ad esempio, la previsione di Marx di come il conflitto tra capitale e lavoro si sarebbe manifestato. Come ha scritto ne "Il Capitale", la ricerca continua di profitti e produttività avrebbe condotto in modo naturale a un sempre minor bisogno di lavoratori, e alla creazione di un "esercito industriale di riserva" di poveri e disoccupati: "L'accumulo di ricchezza di una parte è, quindi, allo stesso tempo accumulazione di miseria dell’altra".

Questo processo è visibile in tutto il mondo sviluppato; in particolare negli Stati Uniti, gli sforzi delle aziende di tagliare i costi ed evitare assunzioni hanno incrementato i profitti delle aziende, come quota del totale della produzione economica, al più alto livello in più di sessant’anni, mentre il tasso di disoccupazione è al 9,1 per cento e i salari reali sono stagnanti.

La disuguaglianza di reddito negli Stati Uniti, nel frattempo, è giunta vicina al suo livello più alto dal 1920. Prima del 2008, la disparità di reddito è stata nascosta da un fattore come il credito facile, che ha permesso alle famiglie povere di godere di uno stile di vita più agiato. Ora il problema sta venendo al pettine.


Il paradosso della sovrapproduzione

Marx ha anche sottolineato il paradosso della sovrapproduzione e del sottoconsumo: più persone sono relegate nella povertà, meno saranno in grado di consumare tutti i prodotti e servizi che le aziende producono. Quando un’azienda taglia i costi per aumentare i guadagni funziona, ma quando lo fanno tutte le aziende minano la formazione del reddito e della domanda effettiva sulla quale si basano ricavi e profitti.

Anche questo problema è evidente nel mondo sviluppato di oggi. Abbiamo una sostanziale capacità di produrre, ma nei gruppi a medio e basso reddito troviamo diffusa insicurezza finanziaria e bassi consumi. Il risultato è visibile negli Stati Uniti, dove la costruzione di alloggi nuovi e le vendite di automobili rimangono rispettivamente circa il 75% e il 30% più basse rispetto ai picchi del 2006.

Come Marx ha scritto nel Capitale: "La ragione ultima di tutte le crisi reali rimane sempre la povertà e il limitato consumo delle masse."


Affrontare la crisi

Quindi, come possiamo affrontare questa crisi? Per placare lo spirito di Marx, i politici devono porre i posti di lavoro in cima all'agenda economica, e prendere in considerazione altre misure non ortodosse. La crisi non è temporanea, e certamente non sarà curata dalla passione ideologica per l'austerità di governo.

Ecco cinque cardini principali di una strategia il cui tempo, purtroppo, non è ancora arrivato.

In primo luogo, dobbiamo sostenere la domanda aggregata e la crescita del reddito, altrimenti potremmo cadere in una trappola del debito con gravi conseguenze sociali.

I governi che non si stanno confrontando con una crisi imminente del debito - compresi gli Stati Uniti, Germania e Regno Unito - devono fare della creazione di occupazione la cartina al tornasole della politica. Negli Stati Uniti, il rapporto occupazione-popolazione è oggi basso come nel 1980. La sotto-occupazione è quasi ovunque a livelli record. Tagliare le imposte a carico del datore di lavoro sui salari e creare incentivi fiscali per incoraggiare le aziende ad assumere e investire, sarebbe un buon inizio.


Alleggerire il carico

In secondo luogo, per alleggerire il carico del debito delle famiglie, nuove iniziative potrebbero consentire loro di ristrutturare il debito ipotecario, o di negoziare una parziale cancellazione del debito in cambio di futuri pagamenti ai creditori a fronte di aumenti di valore dell’immobile.

Terzo, per migliorare la funzionalità del sistema creditizio, alle banche ben capitalizzate e ben strutturate dovrebbe essere permesso un temporaneo alleggerimento delle regole sull’adeguatezza del capitale, per cercare di creare un nuovo flusso di crediti, soprattutto alle piccole imprese. Governi e banche centrali potrebbero impegnarsi in contributi diretti o nel finanziamento indiretto degli investimenti nazionali o in programmi infrastrutturali.

Quarto, per alleviare l'onere del debito sovrano nella zona Euro, i creditori europei devono estendere i tassi di interesse bassi e le condizioni di pagamento recentemente proposte per la Grecia. Se gli “Eurobond” congiuntamente garantiti sono ancora un’utopia, almeno la Germania dovrebbe farsi paladina di una ricapitalizzazione urgente delle banche per aiutare ad assorbire le perdite inevitabili attraverso un fondo europeo di stabilità finanziaria notevolmente ampliato - una conditio sine qua non per risolvere la crisi del mercato obbligazionario.


Costruire difese

Quinto, per costruire difese contro il rischio di cadere in deflazione e stagnazione, le banche centrali dovrebbero guardare al di là dei programmi di acquisto dei bond, e invece mirare a un tasso di crescita nominale di produzione economica. Ciò consentirebbe un periodo temporaneo d’inflazione moderatamente più elevata, che potrebbe spingere i tassi d'interesse molto sotto lo zero e facilitare un abbassamento degli oneri del debito.

Non possiamo sapere se queste proposte funzionerebbero, o quali potrebbero essere i loro effetti collaterali indesiderati. Ma neanche lo status quo della politica è accettabile.
Gli Stati Uniti potrebbero trasformarsi in una versione più instabile del Giappone, e potremmo avere la frattura della zona Euro con conseguenze politiche imprevedibili. Entro il 2013, la crisi del capitalismo occidentale potrebbe facilmente estendersi alla Cina, ma questa è un'altra storia.

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