Nel 1879 Gustave Le Bon (poi vi dico chi è) scrive:
Tra le razze più intelligenti esiste un gran numero di donne i cui cervelli sono più vicini nelle dimensioni a quelli dei gorilla che non a quelli dei maschi più sviluppati. Questa inferiorità è talmente ovvia che nessuno potrebbe contestarla per un momento; quello su cui si può discutere è il grado d’inferiorità. Tutti gli psicologi che hanno studiato l’intelligenza delle donne riconoscono oggi che esse sono la forma più bassa dell’evoluzione umana e che sono più simili ai bambini e ai selvaggi che non all’uomo civilizzato. Sono assolutamente incostanti, mancano di pensiero e di logica e sono incapaci di ragionare. Senza dubbio esistono donne di notevole talento, ma esse sono eccezioni come la nascita di una qualsiasi mostruosità, per esempio un gorilla con due teste, e possiamo quindi evitare di prenderle in considerazione.
(G. Le Bon, Recherches anatomiques et mathématiques sur les lois des variations du volume du cerveau et sur leur relations avec l'intelligence, 1879)
Ora, il punto è che Gustave Le Bon non era un cretino. Era uno psicologo e sociologo di chiara fama, uno scienziato che tutt’oggi è ricordato come il fondatore della psicologia sociale, e il suo famoso saggio Psychologie des foules è tutt’oggi citato nelle pubblicazioni scientifiche. Come è stato possibile che un uomo di scienza, colto e con una reputazione da difendere abbia raggiunto una simile bassezza?
Nell’800, sull’onda illuminista del secolo precedente, la scienza ha fatto enormi progressi e un mare di errori. Tutto era misurabile, e con le misure si pretendeva di valutare qualunque risultato complesso, compresa l’intelligenza umana. Così si diffusero le tecniche e gli approcci bio-deterministici come la craniometria, la pesatura dei cervelli e, sul finire del secolo, l’uso distorto del Quoziente Intellettivo. Inutile dire che questi approcci, completamente sballati dal punto di vista scientifico, furono di grande utilità per “dimostrare” l’inferiorità dei tipi umani non socialmente approvati dalla cultura del tempo (non che sia cambiato molto): negri, delinquenti, zingari, omosessuali e, già che c’erano, per dimostrare l’indiscutibile supremazia del maschio umano sull’altro sesso.
L’errore serpeggiò talmente negli ambienti accademici che persino la celebre pedagogista Maria Montessori vi cadde all’inizio del ‘900 quando, dopo aver misurato le teste dei suoi allievi, scrisse una pari stupidaggine, ma di segno opposto:
Le donne sono intellettualmente superiori agli uomini, ma questi ultimi hanno finora prevalso grazie alla forza fisica. Dato che la tecnologia ha abolito la forza come strumento di potere, l’era delle donne può essere prossima.
(M. Montessori, Antropologia pedagogica, 1911)
Ora mi domando e vi domando: quanto di questa pseudo-scienza condiziona tutt’oggi il nostro modo di pensare? Anzi, quante delle tesi preconcette ottocentesche che sono state riverite da alcuni scienziati in modo ignobile, strisciano ancora tra noi? Quanto dobbiamo vigilare perché prima o poi una convincente ma non dimostrabile teoria si metta al servizio del potente di turno o della paura del momento?
Il mio pensiero va alla celebre matematica Sophie Germain (immagine in alto), che sul finire del ‘700 dovette fingersi maschio per poter inviare i suoi lavori, di altissimo livello, alla École Polytechnique di Parigi. Alla fine la sua capacità fu riconosciuta negli ambenti accademici, ma l’ostracismo nei suoi confronti durò fino a dopo la sua morte. Sophie si dedicò negli ultimi anni allo studio dell’elasticità dei materiali e questi studi risultarono fondamentali per la costruzione delle grandi opere in ferro tra cui la Tour Eiffel. In cima alla torre sono immortalati i nomi di settantadue scienziati ma quello di Sophie, cercatelo, non c’è.
E qui vengo all’ultima e cruciale domanda: quanto è ancora difficile essere donna?
Spero tanto che qualche amica voglia dire la sua.