venerdì 18 marzo 2011

Nucleare: quant'è difficile la verità! Ma forse...


Avvertenza: questo post è lungo un chilometro, però in mezzo c'è una pausa caffè :-)

Un povero "uomo della strada" come me che voglia farsi un'idea su quale sia il reale pericolo dell'energia nucleare per uso civile, si tolga ogni illusione. Mission impossible. Provi a leggere qui e là e hai più dubbi di prima, allora provi a leggere solo "qui" o solo "là" e diventi quello cha ha preconcetti ideologici. E non mancano le sorprese.
Per esempio ho scoperto che si può provare, dati ufficiali alla mano, che la produzione di energia idroelettrica è molto più pericolosa di quella nucleare. Ma forse (che brutta parola è "forse") il problema sta nella metodologia che bisogna adottare quando si devono fare analisi rigorose e neutrali.

Mi spiego: a fronte di un evento imprevisto che ha causato danni alla vita umana, cosa devo misurare per capire l'entità del danno? Non sembra difficile: conto i decessi accertati, quelli che inequivocabilmente sono attribuibili direttamente o indirettamente all'evento dannoso.
Bene, applicando questo metodo al disastro di Cernobyl, scopro che i decessi accertati sono stati 65 (sessantacinque). Sorpresi? Andate a leggere il rapporto del 2006 (siamo a vent'anni dopo l'evento) pubblicato da ONU e AIEA, qui. Un riassunto dei dati lo potete trovare su Wikipedia, qui.

Usando lo stesso metodo, posso contare i decessi accertati in seguito al più grave disastro dovuto alla rottura di una diga costruita dall'uomo per la produzione di energia elettrica: 171.000 (centosettantunomila). Si tratta del crollo della diga di Banqiao, nel 1975 in Cina, dettagli qui. Potrei mettervi pure il link del rapporto cinese ufficiale ma è scritto solo in mandarino.  
Quindi, se devo attenermi rigorosamente ai fatti e ai numeri, nessuno mi può contraddire se affermo che, contando i decessi accertati dei due più gravi disastri noti (ma anche se raffronto tutti gli incidenti noti), la produzione di energia idroelettrica ha causato 2.600 volte più morti di quella nucleare. Ricordate il Vajont?

C’è qualcosa che non va? Vediamo. Nel caso della rottura della diga, quando hai finito di contare i poveri morti, hai finito davvero. Nel caso dell’incidente nucleare devi contare anche le morti presunte, passate e future (attenzione, i rapporti di cui sopra già comprendono i vent’anni dopo l’incidente). E come si fa? Si analizzano i dati epidemiologici che sono imprecisi, diversamente interpretabili, potenzialmente filtrati dall’autorità e infine manipolabili da interessi (o ideologie) contrapposti. Così, se volete cercare questi dati scoprirete che nel caso di Cernobyl si va da 4.000 morti presunti dei rapporti ufficiali ai 6.000.000 del rapporto di Greenpeace, eccolo qui. Ovviamente ci sono anche altri rapporti che presentano cifre intermedie tra questi due estremi. Un bailamme di cifre che, se non sei un addetto ai lavori, non riesci a interpretare. Che fai, accetti per fede i dati dell’ONU o quelli di Greenpeace? 
Dicevo prima di analisi "rigorose e neutrali"; ho proprio l'impressione che con il nucleare non siano possibili, neanche per gli addetti ai lavori. Mettiamoci nei panni di un epidemiologo che ha constatato 2 casi di un tumore specifico, contro un solo caso dell'anno precedente. Come fa a essere sicuro che il caso in più è dovuto alle radiazioni? Ecco la gigantesca differenza nei dati. Socrate direbbe che siamo in presenza di una aporìa: tutte le risposte sono valide e nessuna è giusta.    

Poi ci sono le deportazioni, eufemisticamente dette evacuazioni. Ti dicono che devi lasciare la tua casa, e quando l’hai lasciata scopri che è per sempre. Nel caso di Cernobyl furono deportati circa 350.000 abitanti, nel caso della diga, tenetevi forte, 11 milioni (fu registrata la distruzione di 5.960.000 abitazioni). E’ un po’ morire anche questo, no?   

E l’ambiente? Per quanto possa essere stato devastato, dopo catastrofi come Cernobyl e Banqiao l’ambiente si riprende, spesso alla grande. Sia nei territori allagati dalla diga, sia nell’area di Cernobyl, le cose vanno bene. Addirittura a Cernobyl si parla di oasi faunistica, con grande diversità di specie che sono tornate a colonizzare la zona, traendo grande vantaggio dall’assenza dell’uomo. Certo che se l’uomo fosse assente dovunque… ops, scusate, mi è venuta così.  
     
Quale tipo di produzione di energia costa di più? Qui le cifre le vedete deformarsi in maniera incredibile a seconda degli interessi in gioco. Una cosa ho capito, però: non è possibile dire quanto costa la produzione di un kilowatt con l’energia nucleare senza considerare i costi dello smaltimento delle scorie e della dismissione delle centrali obsolete. Se vuoi mantenere uno standard di sicurezza elevato, devi aggiornare le tue centrali, il che vuol dire rifarle interamente ogni 50-60 anni, spegnendo quelle vecchie. Un botto, al punto che la produzione con il nucleare diventa non più conveniente.
Per non parlare dei costi di risanamento dopo un grave incidente: il “sarcofago” che copre Cernobyl, costruito in fretta e furia nel 1986, è molto danneggiato e dev’essere sostituito. Era progettato per durare 30 anni e ci siamo quasi. Non dimentichiamo che nel nocciolo della centrale c’è ancora una temperatura di circa 1.000 gradi e ci sarà per chissà quanti secoli. Il progetto esecutivo per la nuova copertura c’è; quello che manca è solo un miliarduccio di € per portarlo a termine. E dopo alcuni decenni: daccapo, non si sa per quante volte. Ce n'è da distruggere qualunque bilancio pubblico.

 
"Forse" dobbiamo spostare un po' a monte il ragionamento.
Invece di cercare un’oggettività impossibile, che supporti noi cittadini e consumatori nelle valutazioni, proviamo a porci una domanda diversa: perché serve sempre più energia?
Perché l’attuale paradigma dell’economia non può fare a meno di una parolaccia: crescita. Del PIL, del consumo e del profitto. Con relativo incremento esponenziale del consumo di energia. Dimenticandoci spesso che il PIL aumenta non sempre per ragioni virtuose: vendere armamenti fa aumentare il PIL; in termini economici le armi sono "asset" cioè "beni" (!!!) quanto le merendine e i televisori. 

Però anche un deficiente capisce che ragionare in termini di crescita continua attingendo a risorse limitate non è solo stupido: è proprio una stronzata. Prima o poi il sistema collassa (mi sa che questa l'aveva già detta qualcuno tanto tempo fa... un tipo col barbone...). Ma siccome il sistema è governato dai pochi ricchi sempre più ricchi, se a questi pochi non gliene frega niente di pensare un po’ oltre la loro morte, i problemi energetici e ambientali saranno a carico di qualcun altro prossimo venturo. Tanto a morire da ricchi ci arrivano comunque.

Servirebbe essere visionari e allo stesso tempo competenti, magari un pizzico altruisti, per cambiare ‘sto maledetto modello economico. Ce n’è di gente così? Si può cambiare il modello?
C’è chi ci crede: sono i sostenitori dell’economia dello stato stazionario (steady state economy). Cliccate qui per saperne di più.
Partendo dalla considerazione che tra il 1900 e il 2005 il PIL mondiale si è moltiplicato di un fattore 24, e che la Terra è una sola, i sostenitori propugnano il cambiamento del modello economico come unica via per non morire; anzi, per vivere meglio.
Non è l’idea di quattro squinternati; ci sono economisti seri che ci stanno lavorando. L’idea di base è che stabilizzando il tasso di crescita della popolazione a zero è possibile stabilizzare i consumi e la produzione, quindi mantenere costante il dispendio di energia e poi progressivamente ridurlo ottimizzando la filiera dalla produzione al consumatore. L’organizzazione più attiva su questo modello si chiama CASSE (Center for the Advancement of the Steady State Economy), qui. Nel 2010 CASSE ha organizzato la sua prima conferenza e ha prodotto un rapporto (“Quando il troppo è troppo”) molto interessante che trovate sul sito, sia in forma riassunta che completa. 


Un altro ente impegnato su questo fronte è la commissione inglese per il Sustainable Development, che ha prodotto un documento più articolato sul tema: "Prosperità senza crescita?" (clicca per scaricarlo). Affascinante, a me sembra tutto fattibile.
Credo che il primo a parlarne in Italia sia stato Beppe Grillo (e chi, se non lui?), grande fautore della stabilizzazione se non addirittura della decrescita (clicca).

Utopie? Con questa favola delle "utopie irrealizzabili" non andremo mai da nessuna parte. Spero che con il sacrificio dei giapponesi (urka, non è la prima volta, vero?) qualcosa cambi davvero. “Uniti” è la parolina magica, uniti non “contro” ma uniti “per”.
Forse (ancora ‘sto benedetto “forse”) stiamo vivendo i primi giorni della consapevolezza.      


Infine, un pensierino sul futuro referendum italiano sul nucleare. Ricordo benissimo quello dell'86 e ricordo che avevo molti dubbi. Non mi sentivo competente a sufficienza per una decisione serena. Alla fine votai contro il nucleare, ma qualche dubbio mi era rimasto.
Trovo invece che questa volta è tutto molto più semplice, non ho dubbi; non a causa del disastro giapponese ma a causa del cosiddetto "governo" italiano.
Se, per assurdo, fossi chiamato a esprimermi sulla costruzione del più grande ad attrezzato ospedale pediatrico del mondo, sapendo che l'iniziativa è partita da quello specchio di virtù che è il "governo", voterei contro. Perché saprei per certo che hanno mentito su tutto come sempre, e che come sempre lo scopo apparente è solo uno scudo dietro il quale il solito comitato d'affari farebbe soldi a palate.
Figuriamoci le centrali nucleari; no, non se ne parla proprio.  


P.S. C'è una grande omissione in tutto questo discorso: le energie rinnovabili. A queste dedicherò un altro post in futuro, sempre con la consueta ignoranza.    

10 commenti:

  1. caro Ignorante Consapevole quindi Vero Sapiente, grazie per la tua chiarezza e la tua speranza. Adesso però, a me che sono Ignorante Pigra, devi spiegare con parole tue, semplici ed efficaci come sempre, come si fa a mettere in atto la Prosperità senza crescita. Perchè, detta così, sembra la favola del ranocchio che diventa principe :-)

    RispondiElimina
  2. Apposta ho indicato dove approfondire. La versione riassunta di "Enough is enough" è di sole 10 pagine. Non potevo fare un post lungo 8 chilometri. Ho già detto comunque che la base è il tasso di crescita demografica a 0.

    RispondiElimina
  3. oggi come nell'86, populismo vuole che tale argomento sia sottoposto a referendum. In una vera democrazia questo strumento dovrebbe essere riservato, a parer mio, a quesiti che implicano un giudizio morale, l'unico per il quale il mandato parlamentare fornito agli eletti potrebbe essere messo in discussione (vedi divorzio, aborto). Ma forse tu puoi dirci qualcosa su questo strumento cui si fa ricorso spesso dalle tue parti. Ma non ti preoccupare, alla fine non passerà e pagheremo le penali agli amici del giaguaro, come per il ponte sullo stretto.
    nononano

    RispondiElimina
  4. Nononano, che ci azzecca?
    E poi il referendum abrogativo mi sembra uno strumento democratico valido; populista è chi racconta balle per evitarlo. Metto invece in discussione la faccenda del quorum, che in Svizzera non c'è: se non voti peggio per te. Eppure ricorrono al popolo 3-4 volte all'anno.

    RispondiElimina
  5. Dubbio: e se fossimo già oltre il limite? Se insomma la crescita zero fosse già oltre il limite di sostenibilità? Non parlo dei paesi sviluppati, ma di quelli che hanno iniziato a rivendicare giustamente uno status "da paese occidentale" (1,3 miliardi di cinesi e 1,2 miliardi di indiani in testa).
    Se fosse già troppo tardi? E nessuno ne parla...

    RispondiElimina
  6. E' chiaro che una "crescita zero" sarebbe più digerita nei paesi occidentali, mentre i paesi emergenti e in via di sviluppo avrebbero tutto il diritto di incazzarsi se gli fosse imposto adesso. Questa è la sfida principale del modello della steady economy - ma eventi come quello giapponese ci forzano ad un coordinamento mondiale... che so, un governo che imponga "coppie" di paesi, uno ricco e uno povero...

    RispondiElimina
  7. Non bisognerebbe mai prendere decisioni sull'onda delle emozioni. Di solito sono decisioni scellerate, nel bene come nel male. Uno non dovrebbe mai sposarsi da innamorato, cosi' come non si deve rinunciare a guidare un'auto dopo un incidente...
    Il referendum sul nucleare consegna al popolo un potere che non gli spetta. Il popolo farebbe meglio a non consumare energia. Un giovane di 35 anni nel corso della sua vita ha gia' assunto additivi alimentari per circa 100 kg. Cosa volete che sia qualche radionuclide che si insinua nel suo organismo?

    RispondiElimina
  8. Le decisioni scellerate sono quelle che si prendono ponendo a bassa priorità il bene e ad alta il profitto.
    Dopo un incidente guiderai l'auto in maniera più consapevole, e se non ti sposi da innamorato ti giochi la possibilità di restarlo per tutta la vita.

    RispondiElimina
  9. Comunque qui di Veri Sapienti non ce ne sono. Se ci fosse qualcuno che si consideri tale, sarebbe un grandissimo ignorante inconsapevole. Invece noi qui si sta tra ignoranti consapevoli.
    Ettore, avresti dovuto dirlo a To', redarguirla a tono. Possiamo anche nutrire sentimenti di ammirazione l'uno verso l'altro, ma sempre sotto una valanga di compassionevole indulgenza per gli abissi di ignoranza che tutti ci portiamo appresso!

    Anonimo Veneziano

    RispondiElimina