Sono molto contento del salvataggio dei beagle dalla
barbarie farmaceutica e cosmetica, ma vorrei sapere chi salverà 20.000 famiglie che dipendono dall’ILVA di Taranto dalla barbarie
del profitto senza scrupoli.
Tutti, anch’io, abbiamo pensato “Ma come, proprio
adesso?” alla notizia del sequestro dei reparti a caldo dell’acciaieria.
In
qualche modo abbiamo avuto dei dubbi sul tempismo dei magistrati; cosa vogliono, far saltare una polveriera già
innescata?
Per inquadrare in mano a chi è l’acciaieria, che produce il
92% della diossina emessa nell’atmosfera in Italia, vi invito a leggere questo estratto da Wikipedia (originale qui):
Impianto di Taranto
Nel 2001 il Tribunale di Taranto ha
dichiarato Emilio Riva, il figlio Caludio ed altri dirigenti ILVA colpevoli di tentata violenza privata, per avere
demansionato un gruppo di impiegati dell'ILVA nel 1998. La sentenza è stata confermata nel 2006 dalla corte di
Cassazione.
Nel febbraio del 2007 Emilio Riva è
stato condannato a tre anni di reclusione e Claudio Riva a 18 mesi per omissione di cautele contro gli infortuni sul
lavoro e violazione di norme antinquinamento, con
riferimento alla gestione della cokeria dell'impianto
di Taranto. Tale condanna è stata confermata in secondo grado: il 10
ottobre 2008 la sezione distaccata di Taranto della Corte
d'Appello di Lecce ha condannato alla pena di due anni di reclusione
il presidente dell’ILVA, Emilio Riva, e ad un anno e otto mesi il direttore
dello stabilimento tarantino, Luigi Capogrosso. I due erano accusati di getto
pericoloso di cose, danneggiamento aggravato, omissione dolosa di cautele
contro gli infortuni sul lavoro nel reparto cokerie.
Impianto di Genova
Nel 2006 un processo di primo grado condanna
Emilio Riva e i figli Fabio, Arturo e Claudio ad un anno e 4 mesi d’arresto (pena condonata) e al
risarcimento delle parti civili Legambiente, l'"Associazione per Cornigliano" e il partito della
Federazione dei Verdi (da definire con un giudizio separato), per
l’inquinamento ambientale provocato dagli impianti. Il 19 gennaio 2009 la Corte d'Appello
dichiara prescritti i reati relativi all'inquinamento dovuto alla
cokeria, mentre rimanda alla procura gli atti relativi all'altoforno, a causa
di un "vizio giuridico" (reati questi ultimi che comunque
risulterebbero prescritti nel 2010). Assolti in appello anche il figlio Nicola
e altri dirigenti dello stabilimento (di cui alcuni per prescrizione), mentre
sono stati negati i rimborsi alle parti civili, a due delle quali (Legambiente
e Associazione per Cornigliano) sono state riconosciuti 2500 euro come rimborso
per le spese legali.
E tutto questo prima dei drammatici fatti odierni.
Pluri-pregiudicati alla guida del più importante gruppo siderurgico italiano, con l’impianto di Taranto che è il più
grande d’Europa.
Il 4 marzo 2011 la ministra Prestigiacomo (a pensar male
si fa peccato) concede all’ILVA di Taranto
la certificazione AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale): l’impianto
rispetta le norme europee sull’inquinamento.
La perizia del tribunale smonta completamente la
certificazione: i requisiti non sussistono, al punto che l’impianto “fa finta” emettendo diossina solo di notte. Chi
se lo sarebbe mai aspettato da questi stinchi
di santo? Solo noi malpensanti.
E adesso il sequestro, perché? Da quello che ho letto la
decisione della magistratura non è stata facile:
li facciamo morire di disoccupazione o di malattia? Ma a notizia di reato
scatta l’obbligo dell’azione penale,
soprattutto quando l’indagine appura che sono in corso tentativi d'inquinamento e falsificazione delle prove, comprese le
bustarelle ai periti.
Attendiamo la pronta reazione dei “tecnici” di Monti,
sperando che tengano ben lontana la Fornero (non
vorranno mica i lavoratori di Taranto accampare il diritto al lavoro?).
Ma resta il fatto che tutto questo si sarebbe dovuto
evitare decenni prima, se questo fosse stato un paese
sano. Cerchiamo di tenerlo bene a mente quando andremo a votare.
Chi salverà i beagle di Taranto?
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