sabato 28 luglio 2012

E a noi chi ci salverà?



Sono molto contento del salvataggio dei beagle dalla barbarie farmaceutica e cosmetica, ma vorrei sapere chi salverà 20.000 famiglie che dipendono dall’ILVA di Taranto dalla barbarie del profitto senza scrupoli.
Tutti, anch’io, abbiamo pensato “Ma come, proprio adesso?” alla notizia del sequestro dei reparti a caldo dell’acciaieria.
In qualche modo abbiamo avuto dei dubbi sul tempismo dei magistrati; cosa vogliono, far saltare una polveriera già innescata?
Per inquadrare in mano a chi è l’acciaieria, che produce il 92% della diossina emessa nell’atmosfera in Italia, vi invito a leggere questo estratto da Wikipedia (originale qui):

Impianto di Taranto
Nel 2001 il Tribunale di Taranto ha dichiarato Emilio Riva, il figlio Caludio ed altri dirigenti ILVA colpevoli di tentata violenza privata, per avere demansionato un gruppo di impiegati dell'ILVA nel 1998. La sentenza è stata confermata nel 2006 dalla corte di Cassazione.
Nel febbraio del 2007 Emilio Riva è stato condannato a tre anni di reclusione e Claudio Riva a 18 mesi per omissione di cautele contro gli infortuni sul lavoro e violazione di norme antinquinamento, con riferimento alla gestione della cokeria dell'impianto di Taranto. Tale condanna è stata confermata in secondo grado: il 10 ottobre 2008 la sezione distaccata di  Taranto della Corte d'Appello di Lecce ha condannato alla pena di due anni di reclusione il presidente dell’ILVA, Emilio Riva, e ad un anno e otto mesi il direttore dello stabilimento tarantino, Luigi Capogrosso. I due erano accusati di getto pericoloso di cose, danneggiamento aggravato, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro nel reparto cokerie.

Impianto di Genova
Nel 2006 un processo di primo grado condanna Emilio Riva e i figli Fabio, Arturo e Claudio ad un anno e 4 mesi d’arresto (pena condonata) e al risarcimento delle parti civili Legambiente, l'"Associazione per Cornigliano" e il partito della Federazione dei Verdi (da definire con un giudizio separato), per l’inquinamento ambientale provocato dagli impianti. Il 19 gennaio 2009 la Corte d'Appello dichiara prescritti i reati relativi all'inquinamento dovuto alla cokeria, mentre rimanda alla procura gli atti relativi all'altoforno, a causa di un "vizio giuridico" (reati questi ultimi che comunque risulterebbero prescritti nel 2010). Assolti in appello anche il figlio Nicola e altri dirigenti dello stabilimento (di cui alcuni per prescrizione), mentre sono stati negati i rimborsi alle parti civili, a due delle quali (Legambiente e Associazione per Cornigliano) sono state riconosciuti 2500 euro come rimborso per le spese legali.

E tutto questo prima dei drammatici fatti odierni.
Pluri-pregiudicati alla guida del più importante gruppo siderurgico italiano, con l’impianto di Taranto che è il più grande d’Europa.
Il 4 marzo 2011 la ministra Prestigiacomo (a pensar male si fa peccato) concede all’ILVA di Taranto la certificazione AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale): l’impianto rispetta le norme europee sull’inquinamento.
La perizia del tribunale smonta completamente la certificazione: i requisiti non sussistono, al punto che l’impianto “fa finta” emettendo diossina solo di notte. Chi se lo sarebbe mai aspettato da questi stinchi di santo? Solo noi malpensanti.

E adesso il sequestro, perché? Da quello che ho letto la decisione della magistratura non è stata facile: li facciamo morire di disoccupazione o di malattia? Ma a notizia di reato scatta l’obbligo dell’azione penale, soprattutto quando l’indagine appura che sono in corso tentativi d'inquinamento e falsificazione delle prove, comprese le bustarelle ai periti.    
Attendiamo la pronta reazione dei “tecnici” di Monti, sperando che tengano ben lontana la Fornero (non vorranno mica i lavoratori di Taranto accampare il diritto al lavoro?).
Ma resta il fatto che tutto questo si sarebbe dovuto evitare decenni prima, se questo fosse stato un paese sano. Cerchiamo di tenerlo bene a mente quando andremo a votare. 
Chi salverà i beagle di Taranto?

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