sabato 21 maggio 2011

A che servono la Luna, Giove e le stelle?

Justus Sustermans - Galileo Galilei - National Maritime Museum - Greenwich

Un mio amico, che stimo come decisamente intelligente, non può farsi una ragione del perché l’umanità debba spendere quantità astronomiche di denaro per l’esplorazione dello spazio. Con tutti i problemi che abbiamo sulla Terra, con tutte quelle bocche da sfamare, con tutti quei popoli vittime di conflitti e carestie da soccorrere, cosa ce ne può mai fregare di andare su Marte a scoprire se c’è o c’è stata una molecola d’acqua o una cellula vivente sotto quella sabbia rossa? Gli affamati, i diseredati, gli ultimi degli ultimi, che beneficio ne avranno?    

La domanda è giusta. Come uomini del nostro tempo globalizzato, molto informati sulle miserie del mondo, siamo tentati di andare alla Nasa, chiudere tutti gli scienziati in uno stanzino, farci consegnare i portafogli e impiegare meglio quei soldi.
Io intuisco una risposta ma mi è molto difficile formularla e ci sto pensando da tempo. In fondo, la risposta a questa domanda è la ragione stessa dell’esistenza di questo blog.
Io non posso fermarmi nel mio tendere alla conoscenza (e cioè all’ampliamento della mia ignoranza), ce l’ho scolpito da qualche parte nel mio codice genetico. In un post precedente ho già sostenuto che, come specie, l’uomo ha l’obbligo di adottare la conoscenza come strategia di sopravvivenza. Adesso vorrei far contribuire alla risposta Galileo Galilei.

Galileo, l’indimenticato attaccante della Dinamo Universal FC (se vi suona pazzesco è perché non avette letto questo), fa dire a Simplicio, il rappresentante un po’ babbeo della Dottrina, il difensore dell’immutabilità della stessa, durante la prima giornata del Dialogo:

Perché noi chiaramente veggiamo e tocchiamo con mano, che tutte le generazioni, mutazioni, etc. che si fanno in Terra, tutte, o mediatamente o immediatamente, sono indirizzate all’uso, al comodo ed al benefizio dell’uomo; per comodo de gli uomini nascono i cavalli, per nutrimento de’ cavalli produce la Terra il fieno, e le nugole l’adacquano; per comodo e nutrimento de gli uomini nascono le erbe, le biade, i frutti, le fiere, gli uccelli, i pesci; ed in somma, se noi anderemo diligentemente esaminando e risolvendo tutte queste cose, troveremo il fine al quale tutte sono indirizzate esser il bisogno, l’utile, il comodo e il diletto de gli uomini. Or di quale uso potrebbe esser mai al genere umano le generazioni che si facessero nella Luna o in altro pianeta?  
  

Aggiungo: a che serve un albero che non dà frutti? E a che servono le zanzare? E i pipistrelli che mangiano le zanzare? Non facevamo prima a non avere né zanzare né pipistrelli?
Sempre nel Dialogo, in terza giornata, troviamo la risposta che Galileo mette in bocca a Sagredo:

Io stimo una delle maggiori arroganze, anzi pazzie che introdur si possano, il dire: ”Perch’io non so a quel che mi serva Giove o Saturno, dunque questi sono superflui…”; mentre che, oh stoltissimo uomo, io non so né anco a quel che mi servano le arterie, le cartilagini, la milza o il fele [cistifellea, ndr], anzi né saprei d’avere il fele, la milza o i reni, se in molti cadaveri tagliati non mi fussero stati mostrati, ed allora solamente potrei intender quello che opera in me la milza, quando ella mi fusse levata.

Forse possiamo trovare un’ispirazione in Aristotele, che nel Discorso sull’Anima afferma:

La natura non fa nulla inutilmente, non manca del necessario e non abbonda di superfluo.  

Credo che in questa frase ci sia tutta la risposta. Sappiamo che tutto quello che esiste in natura serve, nella maggior parte dei casi non sappiamo a cosa. Anzi, più scopriamo e più le domande crescono in progressione geometrica. Più scopriamo e più si allontana la scoperta del fine ultimo del tutto. Di conseguenza, e per fortuna, a questa risposta l’umanità non arriverà mai. 

Oggi sappiamo, ma Galileo non lo sapeva ancora, che se con una bacchetta magica facessimo sparire Giove e Saturno la Terra sarebbe immediatamente risucchiata all’interno del Sole, a causa dello spostamento del centro di gravità del sistema solare.
Cavolo se ci servono, Giove e Saturno.  

Abbiamo letto l’opinione antropocentrica di Simplicio sull’utilità della natura e la maggior parte di noi ne è rimasta esterrefatta. Ma così non sarebbe stato quattro secoli fa, quando le sue affermazioni non avrebbero destato alcuna meraviglia. Perché?
Perché, mio caro amico scettico sull’esplorazione dello spazio, oggi ne sappiamo molto di più, siamo cambiati. Abbiamo decentrato l’uomo nell’Universo, sappiamo di contare come il due di briscola.
Con l’incremento della conoscenza aumenta la saggezza, quella virtù che ci fa ragionare sempre in grande nel tempo e nello spazio, che non ci fa pensare solo alle bocche da sfamare oggi ma a tutte le bocche possibili future.
Perciò, io su Marte ci vado.

2 commenti:

  1. Conoscendoti da più di 50 anni, so che TU su Marte ci stai quasi sempre. E, adesso te lo posso confessare, io ti invidio :-)

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  2. :) aperitivo su una luna di giove?

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