Stephen Hawking 1942-2018
Non immagino un modo
migliore di commemorare Stephen Hawking se non quello di riprendere dopo tanto
tempo a scrivere in questo blog dedicato alla conoscenza. Con la passione di
chi tenta di condividere con parole facili la comprensione dell’universo, o del
“tutto”, come diceva lui.
Hawking aveva un sogno: descrivere il “tutto”
con una “unica elegante equazione”. Ha dedicato a questo scopo tutta la vita ma
il tempo non gli è bastato, pur avendo seminato talmente tanto che ci vorranno
decenni per capire la portata delle sue intuizioni, proprio come è successo con
Galileo, Newton ed Einstein.
Ha intuito che il “tutto” non poteva prescindere dallo
studio dei buchi neri, secondo lui entità di collegamento tra universi
paralleli e di armonizzazione tra fisica classica e quantistica.
E sapeva anche che dedicandosi ai buchi neri non avrebbe
mai vinto il Nobel. Il conferimento del premio pone infatti due condizioni: presenza
di solide basi teoriche e di evidenze empiriche; le prime ci sono, le seconde
no perché i buchi neri non sono mai stati osservati.
La sua storia è molto ben raccontata nel bellissimo film La teoria del tutto, interpretato
magistralmente da Eddie Redmayne, che ha vinto l’Oscar come miglior attore. Se
non l’avete visto vi invito a farlo, è un grande film per una grande storia.
Stephen Hawking interpretato da Eddie Redmayne
Veniamo al tema che dà il titolo a questo post. Nel
2011 avevo scritto “non ho capito un accidenti della fisica quantistica ed è la
seconda volta che ci provo; ci vorrà la terza, poi se succede il miracolo ve la
racconto”.
Sì, ci ho messo sette anni ma il miracolo è successo, la
bestia nera si è disvelata e adesso piano piano cominciamo a parlarne perché ne
vale la pena. Quando mi si è accesa la lampadina sono rimasto a bocca aperta per
un bel po’, e dalla mia capoccia spuntava un fumetto con la scritta “porca vacca!”.
Dunque, esistono le particelle elementari, ne abbiamo
parlato anche a proposito del bosone di Higgs, qui. Queste sono gli elettroni,
i fotoni, i protoni, i neutrini eccetera eccetera, una ventina di tipi. Si chiamano
anche quanti e la loro definizione è “la
quantità di materia discreta più piccola e indivisibile”. Discreta vuol dire che si può contare: uno, due, tre elettroni etc.
Sul finire dell’ottocento, quando si cominciò a osservare
le particelle elementari (che d’ora in poi chiameremo quanti), i fisici si aspettavano che il loro moto avrebbe
rispettato le leggi della fisica di Galileo e Newton ma, con sorpresa e
sbigottimento, scoprirono invece che non era così.
Se mettiamo una sfera su un piano inclinato che va dal
punto A al punto B e ne conosciamo velocità e accelerazione, siamo in grado di
predire con assoluta certezza che la sfera sarà nel punto B al tale tempo T. Questo
esperimento è ripetibile e darà sempre il medesimo risultato.
Adesso spariamo un fotone (o un altro tipo di quanto) da
A a B, ne conosciamo la velocità (che è quella della luce) e prediciamo che
sarà al punto B al tempo T. Ebbene… non è sempre vero!
Il fotone sarà probabilmente
al punto B al tempo T, altre volte ci arriverà in un tempo diverso oppure non
ci arriverà. Questo esperimento è ripetibile e non darà quasi mai il medesimo
risultato.
In altre parole, non è possibile predire la posizione di
un quanto nello spazio. Questo è uno dei pilastri della fisica quantistica e si
chiama principio di indeterminazione di
Heisenberg, enunciato nel 1927, per il quale il suo autore prese il premio
Nobel nel 1932.
Werner Karl Heisenberg
Capite che per un fisico che ha sempre pensato che 2+2 fa
sempre quattro, queste osservazioni sono sconvolgenti. Introdurre nella fisica
concetti come probabilmente e forse stravolge tutto, al punto da non
riuscire a crederci.
E infatti molti, anche davanti all’evidenza sperimentale
non ci credettero, almeno inizialmente. Tra questi anche Einstein che pensava
ad un errore concettuale, e nel 1926 scrisse in una lettera a Niels Bohr la
famosa frase “Dio non gioca a dadi” (Bohr stette al gioco e gli rispose "Non dire a Dio come deve giocare").
Niels Bohr con
Albert Einstein
Ecco un esperimento quantistico che possiamo fare tutti:
in una bella giornata fermiamoci davanti alla vetrina di un negozio e
osserviamo gli oggetti esposti. La nostra osservazione però è disturbata dal
riflesso di noi stessi nel vetro, un po’ vediamo il contenuto della vetrina e
un po’ vediamo noi stessi. La spiegazione è che una parte dei fotoni
provenienti dal Sole attraversa il vetro, colpisce l’oggetto e rimbalza ai
nostri occhi mostrandoci l’oggetto. Un’altra porzione di fotoni, invece, non
attraversa il vetro e rimbalza restituendoci l’immagine di noi stessi. Perché? Non
lo sappiamo!
Ripetendo l’esperimento in laboratorio dove possiamo
contare i fotoni, osserviamo che una percentuale di fotoni intorno al 70%
attraversa il vetro e il restante 30% circa rimbalza. Ecco che ci risiamo: “intorno”,
“circa”, “forse”, “probabilmente”; concetti che fanno a pugni con il
determinismo della fisica classica. Ragazzi, non lo dite a Galileo ma qui c’è
da creare una nuova fisica!
Nel tempo anche Einstein si dovette arrendere all’evidenza.
Tutto vero, Dio gioca a dadi, ma “è indispensabile cercare una teoria
unificante, non possono esistere due fisiche”.
Ed eccoci alla “teoria del tutto” di Hawking, dalla quale
siamo ancora lontani ma ora sappiamo, per dirlo con le sue parole, che “non
solo Dio gioca a dadi, ma a volte ci confonde gettandoli dove non li si può
vedere”; cioè nei buchi neri, laboratori dove la materia è riciclata, trasformata
e va ad alimentare altri universi.
C’è ancora tanto da dire sulla fisica quantistica, ma non
posso fare un post lungo un chilometro. Digeriamo questo, poi ci saranno altre
sconvolgenti rivelazioni.
Anticipazione: lo sapevate che un fenomeno esiste solo se
è osservato? Pazzia? No, è la fisica quantistica!
A presto.
P.S:
Attenzione alle bufale quantistiche, supercazzole per
riempirsi la bocca: pensiero quantistico, teoria quantistica dell’anima,
riequilibrio quantico, programmazione neuro-quantistica, coscienza quantica, yoga
quantistico...
Allora il digiuno é finito??? Grazie ne avevo bisogno!
RispondiEliminaNon dire a Dio come deve giocare...geniale! Come facevo a venirlo a sapere se non ti prendevi la briga di scriverlo? Ben tornato!
Anonimo, aiutani. Chi sei? Firmati!
RispondiEliminaAl piacere di ritornare a leggerti caro Ettore.
RispondiEliminaGiuseppe (Pino)
Bentornato, ci mancavi. Silvia
RispondiElimina