sabato 21 aprile 2012

Polvere di stelle, polvere di noi

 La nebulosa di Orione
(clicca sulle immagini per ingrandire)

Abbiamo parlato tempo fa qui delle supernovae, le stelle che alla fine della loro vita esplodono come miliardi di miliardi di bombe atomiche dissipando tutta la loro energia e il loro materiale nello spazio in qualche secondo.
Anche una stella che invece si consuma lentamente e tranquillamente diffonde il suo materiale nello spazio: il vento solare espelle lontano le particelle di polvere, che arrivano a viaggiare a 30.000 Km orari per formare quelle meravigliose nubi (nebulose) le cui immagini sono tra le più belle che gli odierni telescopi ci stanno regalando.

 La grande nube di Magellano

Negli ultimi decenni una vivace discussione scientifica è sorta intorno a una questione apparentemente irrisolvibile: come fanno queste particelle (è quasi tutto silicio, praticamente sabbia) ad allontanarsi dalla stella senza prima essere disintegrate dalla sua radiazione? Soprattutto i modelli matematici elaborati al computer indicano che non c’è scampo per un atomo di silicio che voglia allontanarsi senza prima essere fuso.
So che non ci dormite la notte su questa questione e allora ho una buona notizia: sembra che l’enigma sia stato risolto da un astronomo australiano, Barnaby Norris.

Utilizzando il VLT (Very Large Telescope) in Cile, Norris ha determinato che le particelle che compongono il vento solare sono molto più grandi di quanto ci si aspettasse, ben 1/1000 di millimetro, e quindi capaci di riflettere la radiazione luminosa senza esserne danneggiate. Non dimentichiamo che gli specchi sono fatti di silicio.
Quindi queste nubi sono in grado di allontanarsi dalla stella madre senza danno, per finire dove? A formare nuove stelle!
Guardate quest’immagine che ritrae la nube intorno a Betelgeuse, la gigantesca stella che dista “solo” 600 anni luce da noi:  


Il vento solare che sta allontanando la nube dalla stella potrebbe in diecimila anni dimezzarne la massa, a meno che Betelgeuse non decida di esplodere prima in una splendida supernova che sarebbe ben visibile nel nostro cielo, evento che gli astronomi ritengono più probabile.
Anche quando la stella esplode, la nube che ne rimane si espande rapidamente per portare lontano il patrimonio di materiali che servirà alle nuove stelle.    

Circa 4 miliardi e mezzo di anni fa una nube che era in viaggio da tanto tempo, retaggio di una grande stella lontana, si condensò a formare una nuova stella e nuovi pianeti lasciando la sua firma silicea in tutto quello che creava: il 27,7% della crosta terrestre è fatto di silicio, che risulta l’elemento più diffuso dopo l’ossigeno. Le piante devono la loro struttura al silicio, gli alberi stanno su grazie a questo.
E noi, con 1,4 grammi di silicio a testa che alberga nelle nostre cellule, siamo gli ultimi destinatari di quel viaggio di cui non abbiamo visto nulla, ma tanto immaginato.
Proprio gli ultimi? Ovviamente, no.      

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