Il tempo non trascorre con un ritmo fisso e immutabile, anche se la nostra limitata esperienza umana ci dice il contrario. La velocità del tempo dipende dalla velocità nello spazio di chi misura il tempo. Più andiamo veloci, più il tempo rallenta, fino a divenire praticamente fermo al raggiungimento della velocità della luce. Perché? Perché man mano che ci avviciniamo a questa, una parte sempre maggiore del tempo si trasforma in spazio. E’ la relatività.
Non ne abbiamo nessuna esperienza perché, benché l’effetto di rallentamento esista anche andando in auto a 50 all’ora, è talmente insignificante che nessun orologio è capace di registrarlo.
Questo simpaticissimo filmato ci regala la relatività spiegata da Piero Angela con i disegni di Bruno Bozzetto:
Questo simpaticissimo filmato ci regala la relatività spiegata da Piero Angela con i disegni di Bruno Bozzetto:
Dunque ora abbiamo (quasi) capito, ma ci risulta ancora difficile immaginare una roba così. Figuriamoci a chi l’ha pensata per la prima volta.
Adesso spostiamoci a Berna nei primi anni del ‘900: un giovanotto, vestito in maniera alquanto trasandata, con i capelli lunghi e ondulati, sale sul tram. Si siede, il tram riparte e lui guarda fuori. Guarda un campanile, il suo sguardo si sofferma sull’orologio; il campanile con l’orologio gli scorre davanti; all’improvviso il giovanotto dischiude le labbra, la mandibola gli cade sempre di più e il suo sguardo si perde. Scatta a guardare dall’altro lato, torna al campanile che sta ormai scomparendo all’orizzonte, s’immagina a cavallo di un fotone che scappa dal campanile, immagina l’orologio ormai fermo perché lui ha raggiunto la velocità della luce. Albert Einstein ha intuito la relatività.
Così si racconta, non sappiamo se sia la verità, ma una considerazione sorge spontanea: ma come diavolo gli è venuto in mente? Almeno Newton aveva visto una mela cadere, Einstein non ha visto nulla, ha solo immaginato.
La risposta la facciamo dare a lui, intervistato negli anni ’40:
La risposta la facciamo dare a lui, intervistato negli anni ’40:
“Certe volte mi domando perché sia stato proprio io a elaborare la teoria della relatività. La ragione, a parer mio, è che normalmente un adulto non si ferma mai a riflettere sui problemi dello spazio e del tempo. Queste sono cose a cui si pensa da bambini. Io invece cominciai a riflettere sullo spazio e sul tempo solo dopo essere diventato adulto. Con la sola differenza che studiai il problema più a fondo di quanto possa fare un bambino”
Fatto sta che l’enunciato della teoria della relatività, del 1905, è puramente teorico, non è suffragato da nessuna verifica sperimentale perché nessuna era possibile all’epoca.
Oggi è veramente sorprendente quanto di tutto quello che aveva postulato Einstein sia oggetto di continue verifiche e quanto i risultati corrispondano esattamente a ciò che lui aveva previsto.
E a noi comuni mortali che tiriamo avanti i nostri giorni tra una banalità e l’altra, la relatività che ci ha portato? Che ce ne frega?
Facciamo finta che Einstein non sia mai esistito e vediamo se cambia qualcosa.
Mettiamo che dobbiamo andare a Usmate Carate a casa di amici, e dove sarà mai ‘sto posto? Saliamo in macchina, dotati di carte stradali di ogni genere, accidenti se inventassero qualche diavoleria che ci guidasse a destinazione…
Ecco che cosa non potrebbe mai funzionare senza la relatività: il navigatore satellitare. Il nostro GPS misura continuamente la distanza da tre satelliti, facendo una “triangolazione” tra i tre risultati. A causa della velocità dei satelliti però, il tempo misurato su di essi è più lento del nostro di 7 milionesimi di secondo ogni 24 ore. Il che si tradurrebbe, alla triangolazione, in un errore di alcuni chilometri. Se non ci fosse nel software dei satelliti una correzione di questa differenza, prevista esattamente da Einstein, a Usmate Carate non ci arriveremmo mai.
Adesso però sto pensando a quella frase di Albert: “queste sono cose a cui si pensa da bambini”. Meglio che io vada a letto se no la mamma mi sgrida, ma non prima di avervi raccontato questa chicca (autentica):
il giorno dopo che Einstein si trasferisce negli Stati Uniti, nel 1933, arriva una telefonata all’Università di Princeton, dove era andato a insegnare:
“Pronto, vorrei andare a trovare il professor Einstein, può dirmi per favore dove abita?”
“No, mi dispiace, non possiamo fornire quest’informazione”
Meno male che tu non puoi viaggiare alla velocità della luce (non ancora)perchè, altrimenti, ti avrei già perso. So infatti, con assoluta certezza, che faresti qualsiasi cosa per incontrare il tuo amico Albert!
RispondiEliminaDire che il tempo, a velocità relativistiche, rallenta è tutto da provare. Per il momento sappiamo solamente che rallentano gli orologi:non si può confondere il tempo trascorso con il rallentamento di un orologio. Se due orologi sincronizzati, uno posto a terra e l'altro in movimento veloce su di un Jet, al ritorno del jet, segneranno due tempi diversi: eppure il tempo di volo del jet non può avere due misure diverse, benchè un orologio segni un dato e l'altro un altro.
RispondiEliminahttp://www.ilmioscrittoio.it/modules.php?name=News&file=article&sid=120
Al contrario, Anonimo, nulla potrebbe far rallentare un orologio. Secondo la relatività è il tempo che si contrae, non l'orologio che rallenta. Tempo e spazio sono due misure della stessa dimensione, lo spazio-tempo. Più vai veloce è più il tempo trascorre lentamente; fino al punto che se tu potessi sederti su un fotone, il tempo non ci sarebbe più (ma il tuo orologio continua ad andare).
RispondiEliminaChe poi questa sia ancora una teoria, è vero. Ma un'ottima teoria, data la molteplicità dei riscontri scientifici.
Gli orologi sono costituiti da materia; la materia si contrappone alle accelerazioni (oppone resistenza); un orologio atomico che si muova a velocità della luce, si ferma in quanto gli elettroni non potrebbero più oscillare intorno al nucleo (se non superando la velocità della luce): ma il tempo continua a trascorrere. dove gli elettroni oscillano intorno al nucleo,
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