domenica 27 marzo 2011

Lucrezio: quando la religione tenta di uccidere il sapere

Filippino Lippi - San Girolamo
El Paso Museum of Art

Ho mantenuto una promessa che avevo fatto a me stesso più di quarant'anni fa: ricordo benissimo che al liceo ero rimasto affascinato da un brano del De rerum natura di Lucrezio e mi ero riproposto che prima o poi l'avrei letto. Più "poi" che "prima" ce l'ho fatta e adesso voglio provare a parlarne senza farvi addormentare. Perché, vi assicuro, ne vale la pena.

Immaginate un filosofo e scienziato (per la verità le due cose erano del tutto coincidenti all'epoca di Lucrezio) nonché poeta, che intorno al 60 a.C. scrive un librone in versi in cui spiega com'è fatto il mondo, come siamo fatti noi, l'anima, gli animali e tutto ciò che ci circonda. E immaginate che la premessa sia del tipo: "Seguitemi e capirete molte cose, ma se volete davvero capire non dovete aver paura degli Dei. Il mondo non è stato creato dagli Dei, né  essi lo influenzano in alcun modo; gli Dei non si curano di noi. Perciò non credete a chi vi spaventa con le punizioni divine e andate avanti a indagare, capire, conoscere".

Tutto il poema sarà un richiamo continuo all'antinomìa tra ratio e religio, quest'ultima nient'altro che superstizione e oscuramento della ragione.  
Roba davvero tosta, e questo più di duemila anni fa. Meno male per Lucrezio che il Cristianesimo era di là da venire, ma come vedremo la Chiesa ne fece polpette anche da morto.

A Roma fu un personaggio scomodo, questo Tito Lucrezio Caro di cui non si sa quasi nulla: l'unico suo contemporaneo che ne parla è Cicerone. Fu lui a curare la pubblicazione del De rerum natura, additandolo come esempio da non seguire. 
Roma e la sua classe dirigente erano impegnate nel sacro compito della romanizzazione del mondo, in questo sostenute dagli Dei che tifavano all'unanimità per Roma.
Stato e religione ambedue sacri (anzi, lo Stato di più) e quasi tutt'uno; governanti votati allo scopo, sostenuti dalla filosofia stoica che propugnava l'etica come unica guida e l'allontanamento dalle passioni per non deviare dal dritto cammino. Stoicismo come filosofia di Stato. L'etica, naturalmente, era quella indiscutibile di Roma caput mundi

Figuratevi quanto doveva essere amato il povero Lucrezio, epicureo, spirito indipendente, e avverso alla sacra missione di Roma che secondo lui non esisteva.
Gli epicurei non avevano spazio nella Roma pubblica: erano semi-atei (gli Dei esistono ma non hanno fatto nulla e non lo faranno mai - perché dovrebbero lavorare se sono Dei?), l'anima c'è ma non è immortale, la conoscenza passa attraverso l'esperienza sensoriale totale e il piacere; vivere fino in fondo per capire. Uno così non lo pieghi alla sacra missione, Bush lo avrebbe mandato a marcire a Guantanamo.  
Bando alle ciance e diamo un'occhiata alla concezione del mondo di Lucrezio. 

  Un De rerum natura del 1675
(clicca per ingrandire)

Innanzitutto l'universo è fatto di atomi (non è una prima, gli atomi erano già apparsi qualche secolo prima ad Atene) che si muovono e si ricombinano continuamente a formare tutta la materia animata e inanimata.

La quantità di materia nell'universo è sempre la stessa, e quando un individuo muore i suoi atomi saranno riutilizzati per altri individui o altre forme materiali. Anche l'anima è fatta di atomi, e muore insieme al corpo per disperdere i suoi atomi nella natura.

Il moto degli atomi è causato da una forza simile a quella che fa cadere un peso, e tutto l'universo è permeato da questa forza. Newton ci arriverà solo diciassette secoli dopo.

Nessuno ha creato le piante e gli animali; essi nascono  "dall'umido della terra" e ogni animale o pianta è in grado di trasformarsi in un altro animale o in un'altra pianta, perché le specie mutano e diventano più o meno adatte a riprodursi, a seconda del momento e dell'ambiente. Questo è Darwin in nuce
   
Il mondo non è uno solo: l'universo contiene un numero infinito di mondi passati, presenti o futuri.
Fantascienza visionaria del 60 a.C. (Multi-verso?)

Lucrezio prende anche una cantonata quando afferma: "non fidatevi di quelli che vi dicono che la Terra è sferica", e io sono rimasto davvero stupefatto (è lo stupore degli ignoranti) che ci fosse qualcuno all'epoca che lo avesse affermato. C'era quindi un dibattito scientifico, che scopriamo leggendo il De rerum natura.

Quando Lucrezio muore, le nubi del Cristianesimo erano all'orizzonte e arrivarono, inesorabili e punitrici. Vi potete immaginare.
L'opera di demolizione di Lucrezio e dell'oscuramento del De rerum natura la prese in carico San Girolamo nel quarto secolo, con grande impegno e ottimi risultati, tant'è che l'opera di Lucrezio ha rischiato seriamente di scomparire per sempre. Secondo San Girolamo Lucrezio era "pazzo", "epilettico", drogato da un "elisir d'amore" che lo avrebbe portato al suicidio. Scriveva il De rerum natura nei rari intervalli di lucidità, a parte i quali si dedicava ad ogni genere di nefandezze.
Balle stratosferiche; non sapevo che Feltri, Belpietro e Nosferatu Sallusti avessero avuto cotanto maestro. 

Fatto sta che Lucrezio scomparve completamente fino al 1418, quando Poggio Bracciolini scoprì il De rerum natura in un convento. Per fortuna dell'umanità Bracciolini era un poco di buono, avido e disonesto: sebbene segretario apostolico sotto Bonifacio IX, cominciò a vendere copie dell'opera a destra e a manca.  E nel '500 gli scritti di Lucrezio arrivarono dove dovevano arrivare, a Tommaso Campanella e Giordano Bruno che ne fecero un loro riferimento importantissimo. Come sapete, il primo se la cavò a stento dopo cinque processi e il secondo vi rimase letteralmente "scottato".  

Ma ormai la frittata era fatta e la Chiesa non poté impedire, nonostante la messa all'indice del libro, la sua ulteriore diffusione. Saranno Voltaire e Rousseau, insieme a Newton, a consacrarlo per sempre ed a farlo arrivare fino ai giorni nostri come un testo fondamentale. 

Giustizia è fatta, ma mi domando dove sarebbe oggi il sapere se Lucrezio non fosse stato "dimenticato" per 1500 anni. Fu un delitto, e non dobbiamo abbassare la guardia.    

Tutte le immagini sono tratte da Wikipedia.       
   

9 commenti:

  1. carissimo, e che cosa ci sarebbe oggi da salvare e tramandare ai posteri? Sarei felice di sapere, grazie a te, che qualcosa c'è.

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  2. C'e e ci sarà sempre tanto da salvare. Non si tratta di salvare i prodotti di un'epoca ma il punto a cui è arrivata la ricerca della verità. Ogni generazione, anche la nostra, aggiunge un pezzetto, una riga, un capitolo, un librone.
    Ma nessuno deve togliere.

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  3. Se ci si accontenta delle risposte che arrivano talvolta dalla scienza, sono d'accordo con te. Ma io temo che la scienza certe questioni non se le ponga nemmeno. Allora dispero che la storia umana sia un progresso di conoscenza continua... anzi, tempo che abbiamo già perso per strada la conoscenza principale, quella che permetteva ai nostri avi di passare un inverno senza corrente elettrica ed idrocarburi. Oggi saremmo tutti morti in poco tempo.

    Anonimo Veneziano

    PS: andrei cauto a citare San Girolamo come precursore (o peggio ancora maestro) di gente come Feltri, Fede & Co. Non mischiamo l'oro con il ferro. Delle idee possiamo discutere, ma lo spessore di San Girolamo sovrasta in modo incommensurabile quello dei due o tre servi che hai citato.

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  4. Quella su Feltri & C è una battuta, mi sia concessa. Quanto al progresso del sapere, non nutro dubbi che ci sia e sia continuo ma dobbiamo allargare il nostro campo oltre quello che comunemente significa oggi "scienza" e tornare al suo significato: "sapere".
    Mi piace pensare in termini di progresso delle "arti liberali", o addirittura della omnicomprensiva "dialettica" greca.
    E questo ritorno c'è, oggi tutto è "multidisciplinare", lavoro di squadra. E dentro, finalmente, ci sono anche i filosofi.

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  5. Eh si, sarebbe bello se ci fosse ancora oggi un'Accademia che si prendesse a cuore le questioni che ci riguardano. Purtroppo oggi è il mercato a farla da padrone. I modelli "alti" del nostro tempo sono Fabrizio Corona (o come diavolo si chiama, da non confondere con il vero Corona, cioè Mauro) e la Ruby Rubacuori, presunta parente di Mubarak. Il concetto semplice è imperante. Il consumo è la nostra funzione. Il sapere è tollerato se non mette in discussione il sistema. La scienza, purtroppo, non si è mai posta il "perché" delle cose. Si limita semplicemente a scoprire il "come".
    La meraviglia dell'esistenza non è ambito d'indagine della scienza. Quindi, per chi come il sottoscritto non riesce a venire a capo del mistero dell'esistenza, non ci sono speranze da riporre nella scienza. Non dovrebbe esistere nulla. La materia non dovrebbe essere così complessa. Le cose non dovrebbero esistere.

    Anonimo Veneziano

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  6. Io spero proprio che l'uomo non riesca mai a sapere il perché. Solo così può continuamente indagare e aggiungere ogni volta un piccolo anello alla catena; solo non riuscendo mai a identificare l'ultimo.
    Se lo trovasse, che senso avrebbe cercare ancora?
    Sono solo una formica dotata d'intelletto ma sempre in un formicaio vivo. O forse un batterio su un vetrino. Al di là del vetrino non ci è dato sapere.

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  7. Tempo fa ero rimasto affascinato da come Aristotele, nella sua metafisica, era arrivato al concetto di "motore immobile". Come ben hai detto nel tuo post iniziale, gli antichi pensatori greci erano già arrivati all'atomo solo con l'esercizio del pensiero. Piû o meno nello stesso periodo (IV secolo AC) Aristotele arriva alla concezione del motore immobile, o del primo motore, causa ultima del divenire delle cose.
    Per comprendere certe cose bisogna davvero andare al di là del vetrino. Questo praticano gli asceti. Non precludiamoci a priori questa possibilità.

    Anonimo Veneziano

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  8. capito su questo blog per caso.
    io sono un ignorante punto.
    non mi spingo nemmeno a dire "ignorante consapevole" perché non so cosa significhi.
    ricordo una cosa: “vivere è come scolpire, occorre togliere, tirare via il di più, per vedere dentro.”
    quando uno sostiene che "nessuno deve togliere" è abbastastanza chiaro che non ha capito.
    interessante, comunque.
    continuate così.
    va bene così.

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  9. Caro Igor,
    hai ragione sul togliere nel senso di "scoprire", ma io volevo dire "sopprimere" bollando di eresia, forse avrei dovuto precisare.
    Anche io sono ignorante punto, ma voglio crescere diventando ignorante punto e virgola. In questo senso parliamo di consapevolezza: sappiamo che dobbiamo imparare.
    Benvenuto tra di noi.

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