sabato 22 gennaio 2011

A caccia di Nèmesi: altro che 2012

Nemesis di Alfred Rethel (1816-1859). Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo.

La divulgazione scientifica è una gran bella cosa: rende accessibile e comprensibile ai più ciò che altrimenti resterebbe appannaggio di pochi. E' sviluppo della conoscenza.
Occorre grande prudenza, però. Fornire una serie di informazioni senza alcuna distinzione tra verità provate, teorie, congetture e mere fantasie distorce l'informazione e crea ignoranza, non conoscenza. E l'effetto è veramente nefasto sui ragazzi, ancora acerbi nella loro capacità di giudizio.
Chiamo divulgazione quella di Piero Angela; chiamo teatrino tragicomico quello di Roberto Giacobbo e delle sue idiozie sul 2012. Uno potrebbe anche farsi quattro risate guardando Voyager, ma il pensiero che qualcuno potrebbe esserci cascato è tragico. La scienza sacrificata sull'altare dello spettacolo, si dice. Eppure ha più pubblico Angela di Giacobbo: si può fare divulgazione con tanta audience, sempre che si trovino degli Angela e non dei Giacobbo. Speriamo.

Questa filippica introduttiva anti-Voyager mi serve per parlare con serietà di una ricerca scientifica poco nota: la ricerca di Nèmesi. Una ricerca che potrebbe rivoluzionare la storia della  vita sulla terra; è basata su un'ipotesi non dimostrata ma molto promettente. E' il compito della scienza: fare ipotesi che aprano campi di ricerca nuovi per dimostrarle o sconfessarle.

Anche i bambini sanno che i dinosauri si sono estinti tutti insieme. E' molto meno noto, invece, che non sono solo i dinosauri ed essersi estinti 65 milioni di anni fa: oggi si ritiene che circa il 70% di tutte le specie animali scomparve nello stesso momento. Questa è verità scientifica, anche se la percentuale più vicina al vero è ancora oggetto di discussione: lo studio dei fossili presenti negli strati geologici è unanimemente considerata prova sufficiente di questa teoria.
Perché questa estinzione di massa? La teoria più accreditata, e anche questo lo sanno in molti, è quella dell'asteroide o della cometa che cadde sulla Terra provocando una sorta di "inverno nucleare" che rese il pianeta invivibile per molti anni e per molte specie, quelle più in alto nella scala evolutiva.
Sappiamo con certezza che questo tipo d'impatto cosmico è avvenuto più volte nel tempo (presenza dei crateri d'impatto sulla superficie terrestre), sappiamo che uno di questi impatti avvenne proprio 65 milioni di anni fa, non sappiamo con certezza che fu questa la causa dell'estinzione; però gli indizi e il calcolo degli effetti di un impatto del genere ne fanno la spiegazione più plausibile. Altrimenti detto, nessuno scienziato si è presentato con una spiegazione più plausibile di questa. 

Ho detto che sappiamo che un impatto ci fu 65 milioni di anni fa. Come facciamo a saperlo? Dalla straordinaria concentrazione di iridio presente nello strato geologico corrispondente a quell'epoca.
L'iridio è un metallo pesante e non reattivo, della stessa famiglia del platino, normalmente presente in piccolissime quantità sulla superficie terrestre. Ne sono invece molto ricchi asteroidi e comete; la presenza massiccia di iridio in uno strato geologico è prova dell'impatto con un corpo celeste all'epoca della formazione dello strato.

Di più: nel 1984 i paleontologi Raup e Sepkoski rilevarono eccezionali concentrazioni di iridio in tre siti geologici e in più strati, intervallati tra di loro con un periodo di 26 milioni di anni. Scavando scavando, c'erano strati d'iridio in grande quantità ogni 26 milioni di anni, e da questa constatazione ricavarono una teoria: la frequenza d'impatto di corpi celesti sulla Terra non era casuale, ma pilotata da un evento extra-terrestre periodico, come uno sciame di meteoriti che passasse da queste parti con un periodo di tempo determinato.         
Accolta con scetticismo, la teoria però indusse altri scienziati a investigare sulla presenza di iridio in altri siti: questa concordanza di periodicità fu riscontrata in ben 50 siti geologici in tutto il mondo. Ce n'era abbastanza perché la teoria giustificasse l'apertura di nuovi campi di ricerca per formulare nuove ipotesi. 

L'ipotesi diventò astronomica: che cosa può scontrarsi con la Terra ogni 26 milioni di anni? Il periodo fa pensare a un'orbita intorno al sole fortemente ellittica di qualcosa; che cosa? Una cometa? Potrebbe essere, ma allora perché non si distrugge e torna ogni volta? Uno sciame di comete?
Per capire dobbiamo parlare di un'altra ipotesi: quella dell'esistenza della cosiddetta "nube di Oort" che sembrerebbe essere un "serbatoio di comete" che si trova all'esterno del sistema solare ma non troppo lontano da questo, dal quale arriverebbero tutte le comete di lungo periodo, come la Hale-Bopp che molti di noi hanno potuto osservare nel 1997. E' una teoria per ora difficilmente dimostrabile perché la nube è troppo oscura e lontana per essere osservata con i mezzi attuali. Tuttavia è condivisa da moltissimi astronomi; anche in questo caso non è stata ancora formulata un'ipotesi migliore per la provenienza delle comete di lungo periodo.

Dunque, ipotizzando vera la nube di Oort, due gruppi indipendenti di astronomi sono arrivati a formulare questa teoria: il nostro Sole ha una stella compagna che gli gira intorno con un'orbita fortemente ellittica, che la porterebbe ogni 26 milioni anni a perturbare la nube di Oort provocando un grande afflusso di comete verso il sistema solare. L'ipotetica stella è stata battezzata Nèmesi (la dea della vendetta), o più prosaicamente "stella della morte".
E' una bella teoria, non tanto perché è suggestiva, ma perché ha una buona speranza di verifica. I telescopi di nuova generazione e quelli messi in orbita come il WISE (Wide-Field Infrared Survey Explorer) hanno buone possibilità di provarne l'esistenza; forse non c'è molto da aspettare.

Se fosse provata, è una teoria straordinaria come poche: la storia della vita sulla terra sarebbe dettata da un evento astronomico periodico; sapremmo che l'umanità avrebbe, almeno sulla Terra, al massimo un futuro di 13 milioni di anni (siamo infatti a metà del ciclo di 26); e avremmo la prova dell'esistenza della nube di Oort. Stay tuned.  

Piccolo corollario sull'estinzione dei dinosauri: se non ci fosse stata, con tutta probabilità noi umani non esisteremmo. I mammiferi rappresentavano buona parte della dieta dei dinosauri carnivori; dopo la loro scomparsa l'evoluzione dei mammiferi conobbe una forte accelerazione che porterà fino a noi. Se ci fossero ancora Tirannosauri, Velociraptor & C., saremmo ancora poco più che piccoli roditori

Spero di aver raggiunto due scopi: il primo di raccontarvi una teoria straordinaria poco nota; il secondo di illustrare come dovrebbe procedere la divulgazione scientifica senza indulgere alla spettacolarità.

Per chi volesse approfondire:

4 commenti:

  1. posso esprimere il mio dubbio sul fatto che la specie umana possa ancora esistere tra 13 milioni di anni?
    Non mi sembriamo dei campioni sì meritevoli

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  2. Ho detto "al massimo". Il punto è che l'orizzonte temporale, con Nemesi, passerebbe da un paio di miliardi di anni a 13 milioni.

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  3. tra tante cose meravigliose e straordinarie che Ettore ci ha raccontato, vorrei farvi notare che per la prima volta Ettore ha anche commentato un commento! evidentemente questa prospettiva accorciata, da 2 miliardi a soli 13 milioni, lo fa letteralmente impazzire. non smette di sognare che, dai e dai, magari lui questa fine riuscirà a vederla! e che cavolo, uno come lui, entusiasta, appassionato, colto, se lo meriterebbe proprio!

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  4. Non e' la prima volta che Ettore risponde ad un blogger, anzi! Mi sembra che, da persona educata quale egli e' non lascia mai senza risposta chi interviene sul blog. Su quanto dici io credo che Ettore, come il sottoscritto, potrebbe anche salutare con favore un bel cataclisma che riporti le cose al suo posto, dando un colpo di spugna a tante storture evolutive e rimettendo tutti in gioco alla pari. Del resto capita in tutti i campi, anche nello sport. Una squadra vince e domina, poi cala dall'alto un giudizio che ti rimette al tuo posto, e riparti dalla Serie B.

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