tag:blogger.com,1999:blog-3655621589293075838.post296303167271979810..comments2019-03-10T17:26:03.241+01:00Comments on La fabbrica del dubbio: Non c’è topo e non c’è gattoEttore Vitalehttp://www.blogger.com/profile/15303275487063656990noreply@blogger.comBlogger1125tag:blogger.com,1999:blog-3655621589293075838.post-21216908350292529052012-02-25T17:17:43.710+01:002012-02-25T17:17:43.710+01:00In realtà i romani, sin dal loro affacciarsi sulla...In realtà i romani, sin dal loro affacciarsi sulla scena “nazionale”, fecero molte distinzioni tra cittadini e cittadini. Non bastava essere romanus per essere civis perché magari eri romano ma non di Roma, non appartenente alla classe politica romana, bensì di una colonia romana optime jure cioè dipendente esclusivamente da Roma, oppure eri un romano di minor pregio perché nato in una colonia latina ma con civitas sine suffragium, oppure di grado ancora inferiore in fatto di diritti: eri nato in una città latina a cui Roma aveva concesso solo lo jus latii e cioè non pagavi le tasse. Per carità, sempre meglio che non essere romano, ovviamente. Perché ai popoli latini sconfitti da Roma dal 380 aC in poi vennero riservati trattamenti spaventosi. Quando i romani riuscirono finalmente a sconfiggere Antium, l’ultima città laziale che, grazie alle sue flotte piratesche, ancora le resisteva, imposero la loro supremazia tagliando ambedue le mani a tutti gli abitanti maschi, anche ai bambini! E poi, naturalmente, la rasero al suolo. Nessuna meraviglia quindi se alcune città si “donarono liberamente" a Roma. Capua, per esempio, decise con un plebiscito di diventare romana in tutto e per tutto e, nonostante la distanza, diventò un “quartiere” di Roma. La sua peculiarità fu sottolineata dalla costruzione dell’Appia “appaltata” ad un censore, Appio Claudio Cieco, e non ad un console! La regina viarum sancì il diritto degli abitanti di Capua di fregiarsi del titolo di romani. Sì, però, con il solito distinguo visto che non erano romani de Roma: non potevano ricoprire cariche pubbliche, non erano cittadini romani a tutti gli effetti, non appartenevano alla comunità politica romana, non potevano avvalersi dello jus civile, del diritto romano per eccellenza. Dovevano passare ancora qualche centinaio di anni perché questi diritti venissero concessi anche agli "altri". Persino Cesare ebbe dei problemi in questo senso, ma questa è un’altra storia. Il bello è che, ancora oggi, frequentando gli abitanti di Roma può capitarti che qualcuno ti dica : “Aho’, guarda che io so’ romano de Roma!” e poi specifica : de Campo Marzio, de’ Trastevere, de la Piramide ecc.. E sostanzialmente intende affermare un diritto a vivere in questa grandissima città un po’ più da padrone di te che magari vieni da Napoli! Ma non è razzismo, è l’esercizio di un diritto antico di gente che da circa 2.000 anni è abituata a coabitare con tanti altri. A Roma sono tutti tolleranti, al limite del me ne freghismo, ma i cives romani si contano ormai sulla punta delle dita!To'noreply@blogger.com